Conflitti tra bambini: imparare a litigare

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Perché sostituirsi ai figli nei conflitti è un errore

I bambini litigano. Anzi, per i bambini è importante litigare. Quanto e come l’adulto può intervenire nel conflitto infantile?

Riflettiamo su qualche caratteristica dei bambini fino ai 6 anni.

I bambini fino ai sei anni non hanno la capacità di ragionamento degli adulti: non sempre sono in grado di capire le conseguenze vere e reali di determinate azioni. Il pensiero reversibile (Piaget) si sviluppa lentamente nei primi anni di vita, nei bambini piccoli prevale l’approccio sensoriale, contingente, magico; nel bambino da zero a sei anni avvengono cambiamenti fenomenali ma il loro punto di vista è egocentrico, onnipotente, basato sul bisogno di gratificazione immediata: per questo i bambini che stanno bene litigano!

Tra i tre e i sei anni il bambino vive attraverso la propria corporeità ogni esperienza, compresa quella del confronto acceso con gli altri e per questo esprimere le proprie emozioni anche attraverso il contatto fisico è una tappa obbligatoria per imparare ad autoregolarsi. Il litigio è una forma di relazione e serve per crescere, affermare sé stesso e saper regolare il proprio comportamento.

Spesso l’adulto interferisce nel litigio infantile stroncandolo, inserendo criteri di giudizio, soprattutto alla ricerca del colpevole, avviando di fatto una polarizzazione del pensiero che esclude il confronto fa leva sui sensi di colpa; in questo modo però si impedisce al bambino di riconoscere le proprie risorse e soprattutto i propri limiti, di scoprire la possibilità dell’errore ma anche la possibilità della sanatoria dell’errore stesso, di sperimentare nel concreto quella forma di empatia o quella competenza prosociale di cui tanto si parla ma verso la quale poco spazio viene concesso al bambino per sperimentarla direttamente. Daniele Novara dice che lo scopo finale della relazione educativa è la conquista dell’autoregolazione: a questo dovrebbe tendere l’aiuto di un adulto, che possa sostenere la comprensione dell’altro e soprattutto la convinzione che il confronto è una cosa buona.

Il bambino ha bisogno di imparare che si può litigare e che è necessario litigare bene, deve imparare a cavarsela da solo, a gestire le paure, a misurare la propria forza e i propri limiti, a capire che si può sbagliare e che si può anche perdonare.

Quali possono essere le cause emotive che stanno alla base dello scoppio del litigio?

Generalmente per i bambini di tre anni che si affacciano alla scuola dell’infanzia il litigio è motivato dalla frustrazione, dalla limitazione del proprio senso di onnipotenza infantile che ha caratterizzato la loro permanenza in casa (presumibilmente avendo a disposizione molti adulti che potevano svolgere funzioni di adeguamento alla realtà come una forma di prolungamento ideale di sé).

Nel condividere tempi e spazi della scuola dell’infanzia il bambino scopre la gelosia o l’impossibilità di avere un gioco perché l’ha preso qualcun altro.

Un altro motivo per cui si scatenano i litigi durante i primi periodi della scuola dell’infanzia è la volontà di appartenenza ed esclusione rispetto ad un gruppo “Non puoi stare con noi, non ti vogliamo!” oppure la manifestazione di un ruolo particolarmente autoritario “Faccio io e tu no, io sono il capo e tu no”.

Un altro tema frequente è l’incontinenza emotiva, cioè l’incapacità di gestire emozioni esplosive come per esempio la rabbia; ma ci sono anche le divergenze sulle procedure e sulle regole o sugli equivoci e quindi confronti anche sul piano astratto e dialettico.

I primi litigi generalmente avvengono in famiglia con amici, fratelli o cugini che rappresentano una vera e propria palestra emotiva di tutti i comportamenti che poi verranno agiti a livello sociale; il litigio rappresenta anche un’importante valvola di sfogo delle emozioni esplosive le quali se indebitamente trattenute o censurate potrebbero anche causare disagi internalizzati.

Un’interessante ricerca russa sul comportamento post conflittuale dei bambini dimostra che essi tendono a riconciliarsi entro un minuto dopo il conflitto ed il loro proposito è semplicemente quello di smettere di litigare e rientrare in attività ludiche e soddisfacenti; qualcuno potrebbe obiettare che i bambini rischiano di essere aggressivi e violenti: purtroppo da molti anni (dall’esperimento della BooBoo doll in poi) le ricerche dimostrano che la pericolosità dipende dall’esposizione a modelli di aggressività estrema, anche virtuale, della quale spesso i bambini sono testimoni inconsapevoli.

Si può insegnare un metodo per litigare bene?

Cosa NON fare: non cercare il colpevole e non imporre una soluzione.

Ricordiamo che il litigio ha funzioni evolutive: ha una funzione autoregolativa in quanto i bambini imparano a negoziare, mediando tra le proprie motivazioni e ciò che sta accadendo nella situazione in cui si trovano. Inoltre il litigio favorisce la capacità di decentramento, cioè la capacità di comprendere la versione dell’altro. Infine il litigio sviluppa le capacità creative e di pensiero divergente insegnando al bambino che la vera soddisfazione è individuare soluzioni e posizioni.

Cosa FARE: favorire la versione reciproca del litigio; imparare a spiegare e ad ascoltare, esprimendo emozioni e ragioni, usare il linguaggio verbale e non verbale dando l’esempio. Favorire l’accordo creato dai bambini: l’accordo che nasce da un lavoro dei bambini è efficace, rinforza l’autostima e la convinzione che si possa riuscire a gestire la contrarietà con efficacia, cercando soluzioni creative e stimolando l’autonomia.

Se quindi siete un gruppo di amici, coppie o single con figli, se siete i genitori i cui figli frequentano la stessa classe o scuola, appartenete a realtà associative, sportive, parrocchiali e vi facesse piacere ricavare per voi uno spazio di condivisione su tematiche educative in una esperienza di sostegno alla genitorialità non esitate a contattarmi. Sarà molto stimolante costruire un percorso insieme.

Lucilla Zordanazzo, pedagogista, insegnante e formatore

info@lucillazordanazzo.it

www.lucillazordanazzo.it

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