L’origine del linguaggio

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Come abbiamo cominciato a parlare?

Ci sono molte domande senza risposta che costellano la storia dell’uomo, ma una in particolare stuzzica la mente di molti studiosi da molto tempo: come ha avuto origine il linguaggio dell’uomo?

Riflettendoci un momento, il linguaggio verbale è uno degli aspetti più importanti della nostra vita, permette di esprimerci, di comunicare e di interagire con gli altri, oltre che essere uno dei tratti fondamentali che ci differenzia dagli animali. Dunque, studiarlo ci potrebbe aiutare a capire molto di più dell’uomo, della sua storia primitiva e delle lingue moderne. Proprio per questo lo studio dell’origine del linguaggio è considerata un’impresa multidisciplinare che vede coinvolti, tra gli altri, linguisti, primatologi e neuroscienziati.

Tuttavia chiunque lavori in questo campo si trova davanti ad un ostacolo massiccio: la scarsità delle fonti. Il linguaggio, infatti, non lascia tracce fossili, non è possibile ricostruire l’origine e l’evoluzione del linguaggio allo stesso modo in cui si ricostruisce l’origine e l’evoluzione di altre importanti caratteristiche umane.

Per questo motivo, chi studia la nascita delle lingue, partendo da un punto di vista darwiniano, formula e avanza teorie su 3 principali domande: quando, come e dove è nato il linguaggio. L’unica cosa certa su questi interrogativi è che nessuno è certo e ci sono diverse teorie per ogni aspetto della genesi.

Riguardo al primo punto ci sono diverse opzioni, a seconda di cosa si tiene in considerazione. Alcuni assegnano le prime abilità comunicative all’homo sapiens del paleolitico inferiore circa 500.000 anni fa, altri a quello medio, intorno a 200.000 anni fa, altri ancora a quello superiore circa 164.000 anni fa.

Riguardo alla modalità in cui è nato il linguaggio, le due teorie opposte sono quella vocale e quella gestuale. Secondo la prima il linguaggio è un’evoluzione dei versi animali, e il principale argomento a sostegno è la capacità di molti animali, tra i quali anche i primati, di modulare la propria voce per comunicare imminenti pericoli o richiamare i propri simili, basti pensare ai delfini, che sono in grado di chiamarsi per nome; o le scimmie chlorocebus, che differenziano il tipo di predatore avvistato attraverso suoni molto diversi tra loro.

La teoria più accreditata tuttavia è che il linguaggio umano si sia sviluppato dai gesti che venivano usati per la semplice comunicazione, e la transizione alla modalità vocale sia stata dettata dalla necessità di comunicare mentre le mani erano impegnate con strumenti, sempre più numerosi, o per attirare l’attenzione di compagni fuori dalla portata visiva.

In merito al ceppo di origine esistono due teorie opposte: la teoria monogenetica e la teoria poligenetica. La prima si fonda sul presupposto che tutte le lingue parlate dagli esseri umani derivino da una singola protolingua, mentre la seconda sostiene che le lingue moderne derivano da vari ceppi linguistici e si sono evolute in maniera del tutto indipendente sui vari continenti.Ad ogni modo, sia la teoria monogenetica sia quella poligenetica sono concordi nell’ammettere l’esistenza di una fase aurorale nella storia dell’uomo, nella quale si sono formati la lingua unica o i diversi ceppi linguistici da cui si sarebbero sviluppate le lingue moderne.

La questione è talmente complessa che nel 1866 la Società Linguistica di Parigi decretò clamorosamente la conclusione delle ricerche in materia ritenendo il problema del tutto insolubile. Gli studi sull’argomento sono ricominciati, poi, a partire dalla metà del secolo scorso. In settant’anni sono stati fatti molti progressi, il dilemma è lungi dall’essere risolto, ma la questione è un ottimo argomento di conversazione per fingersi acculturati davanti ai genitori della vostra dolce metà, che probabilmente vi considerano al pari dei primati, e non quelli comunicativamente avanzati.

Anna Cavasin
Redazione “Incontro” – Liceo Da Vinci

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