“Boccadorso”

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Già vincitore del Waterstone Children’s Book Prize 2020, Boccadorso di Liz Hyder (Giunti, 2022) è un eccellente romanzo d’esordio che parla di amicizia, identità e libertà. Una storia di finzione che però ha le sue radici profonde nella vita vera dei minatori di età vittoriana, in particolare di bambini e ragazzi.

“Boccadorso”, ambientazione spietata, buia e disumana della miniera in cui si muovono i personaggi, è il centro e l’universo intero della storia; il mondo esterno viene solo a tratti richiamato, ricordato con nostalgia o sognato, fine ultimo dei poveracci ridotti in semi schiavitù nel cuore della montagna, portati a credere, vittime di fame, povertà e ignoranza, che le cose siano come sono per volontà divina.

I minatori di Boccadorso rimangono quindi a lavorare e vivere con le schiene piegate e le teste basse, accettando qualsiasi sopruso a colpi di “così vuole il Signore”, acquistando con la loro magra paga persino l’occorrente per lavorare: stivali, candele, passaggi in ascensore. Imbrigliati dalla birra e dalla fede, la cui luce è più simile a un abbaglio preposto alla cecità, sono totalmente sottomessi al sistema voluto dal Padrone, per loro una sorta di sovrano mandato dall’alto in attesa del segno divino che decreterà il giorno della loro liberazione.

In questo ventre di roccia e sangue amaro vive Newt, piccolo e agile vagonaio, nei cui pensieri ci immergiamo completamente: la scrittura piena di errori ortografici e grammaticali riporta appieno tutte le sfumature della sua voce, inizialmente infantile, ingenua e ferventemente credente. “Mimparo la scrittura” dice Newt per prima cosa, e poi: “M’imparo la scrittura”. La sua fortuna è di avere al suo fianco un amico più grande, sveglio e istruito come Thomas, che lo protegge dagli uomini-lupo di Boccadorso e cerca di impartirgli un’istruzione. Insieme a loro il piccolo Tobe, il rassegnato ma leale Jack, e altri personaggi come Skillen, Nicholson e i due gemelli Davidson, che pur restando sullo sfondo contribuiscono a dare un certo colore alla camerata di Newt, quasi un senso di famiglia, di fratellanza, in quello che altrimenti sarebbe davvero un inferno.

Un po’ alla volta la voce narrante cresce, matura, corregge i propri errori; viene turbata dall’arrivo di un nuovo ragazzo, Devlin, che sussurra parole eretiche: “basta una persona per innescare una rivoluzione”. Con il susseguirsi di soprusi e aberranti fatalità, i fondamenti di Newt vengono meno e l’obbedienza cieca lascia spazio ai primi “perché?”: “E’ una parola così semplice, perché. È da un sacco di tempo che io non la dico. Da quando sono rivato qui. A l’inizio tutti chiedono perché. Ma è passato tanto tempo da quando abbiamo avuto qualcuno di nuovo in camerata e nessuno di noi ha più fatto domande.”

Solo una perdita devastante e l’importante conquista della sua identità porteranno Newt a trovare il coraggio finalmente, a capire che in fondo farsi sopraffare da fame e disperazione continuando a vivere nella paura come un topo in trappola non è più un’opzione. Messo di fronte alla forza brutale e apparentemente insormontabile del Padrone e dei suoi sgherri, Newt prova a sé stesso che forse ha nel suo asso un’arma ancor più formidabile, fatta di acume e di furbizia. E non solo, può contare sulla preziosa lealtà e sull’aiuto di chi gli è più vicino…

Boccadorso” è una storia scorrevolissima e avvincente, che sa provocare forti emozioni proprio perchè non fa sconti al lettore: la cruda narrazione di alcune scene di questo young adult rende la lettura inadatta a un pubblico troppo giovane, ma certamente può essere una miccia accesa per un’esplosione di pensieri e riflessioni importanti: impossibile non ricordarsi, leggendo, del nostro Rosso Malpelo, o pensare al mito della caverna di Platone. L’unico rammarico, forse del tutto personale, è la mancanza di un epilogo che dia almeno un cenno del “dopo Boccadorso”; d’altra parte com’è bella la luce della luna, dopo tanti giorni di buio: un finale colmo di speranza è proprio quel che ci vuole, di questi tempi!

“Boccadorso” di Liz Hyder è disponibile per il prestito presso la Biblioteca “Andrea Zanzotto” di Treviso.

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