Profezie metalliche

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Intervista ai Gates of Prophecy

Ci troviamo nelle oscure e nebbiose lande del Nord, nella fattispecie alla birreria «Il Barone Rosso» di Conegliano, per fare due chiacchiere con i Gates of Prophecy, una bella realtà del panorama metal locale attivi da circa cinque anni. Il gruppo, fautore di un intenso progressive-epic metal, è impegnato in una assidua attività concertistica e ha dato alle stampe l’omonimo mini-album uscito la scorsa primavera.

Sono con noi Valerio Rigo detto Erlad (voce), Michael Chies (basso), Gianluca Calesso (tastiere) e Luca Rover (batteria); la formazione è quasi al completo. Purtroppo, per cause di forza maggiore, non abbiamo il piacere della presenza del chitarrista solista Luca Bortolin, ma all’ultimo ci raggiungerà il chitarrista ritmico Ettore Garbellotto.

Questi giovani e nostrani alfieri del metal epico hanno molte cose da dire, quindi avventuriamoci oltre i «cancelli della profezia» e facciamo quattro “metalliche” e divertenti chiacchiere…

Ciao ragazzi, come cantavano i Blind Guardian nella grandiosa Nightfall… «Back to where it all began»: torniamo dove tutto cominciò e raccontateci delle origini dei Gates of Prophecy, un nome che evoca sicuramente paesaggi epici e fantasy

Valerio: Assolutamente! Diciamo che questo progetto è nato con l’intento di mettere in musica certe suggestioni epico-fantastiche e fantascientifiche, soprattutto da parte mia, di Ettore e di Gianluca, che all’interno del gruppo siamo i maggiori fruitori di questo immaginario. Il gruppo è stato fondato da me, Ettore e dal precedente chitarrista poi rimpiazzato da Luca.

Michael: Abbiamo iniziato come gruppo cover di classici heavy metal, come i Black Sabbath, Ronnie James Dio… qualcosina di Helloween e Avantasia… anche perché non ci sentivamo ancora pronti per comporre brani power / epic di nostra produzione…

Valerio: Poi, all’inizio del 2020, ci fu qualche cambio di formazione, ma anche lo scoppio della pandemia. L’attività in sala prove, per forza di cose, subì un arresto, ma ne approfittammo per buttare giù qualche nuova idea. Così è nata ad esempio For the Emperor, il nostro primo brano originale che non casualmente abbiamo inserito in apertura del cd. Scrissi il testo passeggiando per una Vittorio Veneto deserta, che sembrava davvero uno scenario post-apocalittico…

Sempre a questo periodo risalgono i primi abbozzi delle altre canzoni del disco, come Timeless Duel.

Parliamo appunto del disco. Quali sono i temi affrontati dalla musica dei Gates of Prophecy? Ci sono dei collegamenti tra i quattro brani?

Valerio: For the Emperor, con le sue suggestioni apocalittiche, è un omaggio all’universo del celebre Warhammer 40000, “wargame” di ruolo al quale, in verità, ho giocato sporadicamente, ma la cui ambientazione mi ha sempre affascinato. Il brano narra appunto di un immane scontro tra i cosiddetti Space Marines e la loro controparte delle forze del Caos.

Gli altri pezzi fanno parte di un concept che stiamo sviluppando, e che daranno forma a una sorta di saga epica, un po’ sul modello dei dischi dei Rhaspody Of Fire, ma più improntato alla «science-fantasy» (filone ibrido tra fantasy e fantascienza, tra i cui precursori storici ci furono Edgar Rice Burroughs con il suo ciclo narrativo delle avventure di John Carter ambientate su Marte, il ciclo della «Terra Morente» di Jack Vance, fino alle saghe cinematografiche di Star Wars e allo stesso gioco di Warhammer 40000, NdA).

Finora dei testi me ne sono occupato io, e ogni canzone racconta uno scenario a sé. For the Emperor, oltre all’omaggio diretto all’universo di Warhammer, è una riflessione su quello che concretamente rappresenta la guerra. Ovvero che purtroppo, aldilà di qualsiasi ideologia e fazione, il prezzo da pagare è sempre morte e distruzione.

Avete una formazione alquanto vasta (due chitarre, basso, tastiere, voce solista e una batteria molto “pestata”) che va a formare un suono vario e, secondo me, anche omogeneo. Si sente un buon amalgama di elementi molto diversi e particolari, ad esempio gli inserti di flauto suonati dalla “guest star” Federica Leandro. Il processo di composizione dei brani è quindi molto impegnativo o relativamente semplice e scorrevole?

Michael: Di solito le idee principali partono dalla chitarra di Ettore, a cui si aggiunge quella di Luca e le tastiere di Gianluca tessono delle relative melodie. Costituito lo scheletro del pezzo, subentra la sezione ritmica. Ovviamente le idee sono tante e si deve prima o poi arrivare a un sunto, ciò significa che per scrivere solo un brano intero ci abbiamo impiegato anche settimane e settimane. Nel caso di Heroes of the Multiverse l’abbiamo assemblata in circa quattro mesi!

Gianluca: Ognuno di noi ha contribuito molto a questo pezzo, io personalmente ho scritto, anzi improvvisato, gli accordi dell’introduzione e ho aggiunto l’effetto del pipe organ che ha reso il suono massiccio e atmosferico…

Infatti richiama atmosfere del black sinfonico, o, al limite, i primi (e migliori) Cradle Of Filth! Non prendetela male…

(risate)

Valerio: Ci sta!

Gianluca: … poi, dal mio punto di vista, devo dire che il mondo tastieristico apre molte possibilità non solo alle strutture delle canzoni ma anche ai differenti suoni. Cerco sempre di comporre qualcosa che accompagni le due chitarre ma in modo originale, a volte la tastiera “mima” le linee melodiche generali, soprattutto durante gli assoli, a volte… no! Le tastiere portano sicuramente una maggiore spazialità al nostro spettro sonoro. Insomma, penso che la nostra sia una formazione “sonoricamente completa”. Nel nostro suono non lasciamo alcun vuoto acustico!

Una visione molto “prog”, ma che richiama anche il concetto di musica barocca.

Pariamo delle influenze principali del suono dei Gates of Prophecy. Personalmente nel vostro album sento molto dei già citati Blind Guardian, in particolare dei dischi degli ultimi vent’anni (A night at the Opera, A Twist in the Myth e via dicendo), ma molta ispirazione suppongo provenga dalle glorie del power-epic italico, come i magnifici Rhapsody degli esordi, o i Domine…

Gianluca: Album bellissimi! Lo prendiamo come un complimento!

Valerio: A me piacciono anche i Rhapsody Of Fire di adesso! Beh, di certo siamo tutti molto influenzati dai Blind Guardian, io ed Ettore in particolare siamo grandi fan di questo storico gruppo tedesco. Poi citerei anche i Dream Theater, naturalmente. E i cari vecchi Iron Maiden, dei quali, peraltro, io amo soprattutto i primi due imprescindibili album, con Paul Di Anno alla voce. In ogni caso, il nostro stile musicale è ancora, per così dire, in corso d’opera, ma ribadiamo che resta una evidente fusione di elementi epic, prog e (in parte) power metal.

Luca: In ogni brano si possono sentire le nostre differenti influenze e contaminazioni, ad esempio in For the Emperor prevale il power. In The Outcast in the Moor of Regret abbiamo una tipica ballata “metallica”. In Timeless Duel, con le sue atmosfere orientali e un riff iniziale tipicamente “da scapocciate”, i riferimenti vanno a uno dei miei gruppi preferiti, cioè gli Opeth, che hanno sempre coltivato la loro vena progressive riuscendo a mescolarla con il death metal.

Inoltre credo che, avendo suonato inizialmente molte cover di gruppi “classici”, quelli siano rimasti un po’ la base del nostro stile. E credo che qualsiasi sottogenere di metal tu faccia, i canoni su cui si fonda questa musica siano quelli classici dell’heavy e dell’hard rock, si percepiscano di più o di meno…

Ettore: Per quanto mi riguarda, come chitarrista non posso che guardare ai vari classici dell’hard rock e pionieri dell’heavy, come ad esempio i Judas Priest, fino a cose più moderne come gli Iced Earth, con i loro riff veloci e crudeli ma misti a solenni parti sinfoniche.

Siete molto attivi con i concerti (il buon Valerio mi tiene sempre informato sul vostro fitto calendario di impegni live), a riprova del fatto che la dimensione del concerto è essenziale per un gruppo metal…

E comunque, continuate a proporre Mirror Mirror dei Guardian, mi raccomando!

(risate generali)

Valerio: Senz’altro! Tutti noi siamo molto motivati a suonare dal vivo, ed essendo una band molto “concettuale” ci teniamo a illustrare i temi e le storie dietro ai nostri brani, presentandoli sul palco (e io, in questo, temo di essere un frontman abbastanza logorroico!). Questo autunno è stato un periodo, appunto, fitto di concerti. Abbiamo fatto varie serate, ad esempio a Caerano San Marco e qui in zona Conegliano, in particolare al birrificio LZO, dove peraltro abbiamo esordito. A fine novembre suoneremo con gli Avalance, un nuovo gruppo di Noale, e a gennaio 2024 siamo previsti a un festival di gruppi emergenti al Revolver Club di San Donà di Piave. Inoltre, dall’estate scorsa abbiamo un manager, che condividiamo con i Kanseil, che ci sta aiutando nella promozione del disco e dei concerti.

E con i Kanseil (altra notevole formazione locale in attività ormai da dieci anni, fautore di un folk metal dedicato alle tradizioni e alle leggende del Cansiglio e del Veneto, che consiglio a tutti di seguire!) condividete anche il batterista. Luca, dal tuo punto di vista di massacratore di tamburi e piatti… vuoi parlarci delle differenze tra il suono dei Kanseil e dei Gates of Prophecy?

Luca: Il mio obiettivo, quando suono in una band, è più che altro quello di mettermi a disposizione del suono di quel dato gruppo. Non sono un virtuoso della batteria, ho il mio bagaglio soprattutto rock e cerco di seguire le esigenze dello stile richiesto. Con i Gates, come si è ampiamente detto, siamo perlopiù in ambito metal “classico”, mentre con i Kanseil sono richiesti elementi ritmici più estremi, ad esempio l’uso del doppio pedale e dei blastbeat sui quali si è praticamente costruita la storia di generi come il death e il black. Ma che, qua e là, ritornano anche nel suono dei Gates of Prophecy!

L’amicizia e la collaborazione tra Gates of Prophecy e Kanseil porta a un’altra domanda ovvia e interessante, ovvero: secondo voi, si può parlare, oggi, della presenza di una vera e propria scena metal nell’area dell’asse Treviso / Conegliano / Vittorio Veneto / Belluno… insomma, nel Nordest?

Ettore: Da queste parti ci sono, ad esempio, i Silverbones, gruppo dedito al metal classico in cui ha cantato Valerio per un periodo. A Treviso sono attivi da tempo gli Anubi’s Curse, che stanno registrando un album. Ci sono poi gli Alabastrum, con i quali abbiamo suonato come gruppo di apertura, ci sono i già citati Avalance … ed erano interessanti i Frozen Storm, che erano anche molto di nicchia… un gruppo underground al quadrato!

Gianluca: L’unico modo per rendersi conto di quanto attivo sia il panorama metal in Veneto, oltre che per promuoverlo attivamente, sarebbe organizzare un apposito festival, o più festival. Un po’ come l’ormai celebre e rodato Feffarkhorn di Maserada, che tra l’altro ha dato visibilità a molti gruppi italiani dell’area folk metal e power metal, dai Wind Rose agli stessi Kanseil.

Michael: L’ideale sarebbe promuovere e incentivare i gruppi esordienti, non certo le varie tribute band… molti gruppi, almeno un tempo, partivano suonando nella tabaccheria sotto casa ( ? … letterale! NdA). In ogni caso, bisogna impegnarsi, e noi andiamo avanti!

Luca: Purtroppo, oggi le possibilità di suonare dal vivo per un gruppo, in locali che magari propongano usualmente musica indipendente e underground, sono molto più basse rispetto a qualche anno fa, e si fa quindi più fatica conoscere eventuali nuove realtà musicali. Ma, come si è appena detto, gruppi ce ne sono. Soprattutto l’ambito black metal, per esempio, è molto attivo, sia in zona Treviso che in zona Venezia. Bisogna però dire che c’è sempre del fascino negli ambienti “underground”, nell’andare a scoprire certe band semisconosciute… parlo ovviamente di sottogeneri che per loro natura preferiscono restare nell’ombra…

Avete toccato un tasto fondamentale, e ne approfitto per dire che, in tempi di social network come se non ci fosse un domani, non è più esattamente così, o almeno è molto più raro e difficile. Per dire, io ho seguito il black per anni, già dalla prima metà degli anni Duemila quando Internet non era ancora alla portata di tutti, e gli aggiornamenti in ambito “metallaro” passavano soprattutto attraverso le riviste specializzate.

E secondo me, oggi, vedere che anche formazioni teoricamente “di nicchia” utilizzano cose come Facebook la trovo una cosa triste. Voglio dire, parliamo di un genere concettualmente sovversivo contro certi tratti della società, e che, nei suoi tempi gloriosi, aveva il suo fascino proprio per essere qualcosa di “occulto” e di “nascosto”…

Luca: Chiaro, ma è anche vero che siamo nel 2023 e non più negli anni Novanta, e, per fortuna o no, ci sono dei mezzi che se usati correttamente possono essere molto importanti per la promozione di un gruppo. Del resto, sono anche il modo più diretto anche solo per cercare il contatto di un posto dove suonare. Quindi, visitate i profili social dei Gates of Prophecy!

Per concludere: il 2024 si preannuncia come un anno sfavillante di metalli preziosi per i Gates of Prophecy, insomma. Quali piani per il prossimo futuro?

Michael: L’obiettivo principale è ampliare il repertorio, e completare un nuovo album più corposo del nostro debutto. Abbiamo già pronto un pezzo nuovo che presenteremo ai prossimi concerti. Quindi, siete tutti invitati!

Valerio: Stay epic!

Jari Padoan

(E un ringraziamento a Bruno Antoniazzi per la foto ricordo della serata)

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