“La lettura come modo di essere”

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Riflessione sulla lettura partendo da quanto scritto da Pennac

“Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere. Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi mai si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare? Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva. La lettura non ha niente a che fare con l’organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l’amore, un modo di essere. La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d’altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore.”   (Daniel Pennac, Come un romanzo, Milano, Feltrinelli, 1993.)

La lettura, come viene definita dallo scrittore francese Daniel Pennac, è un “modo di essere”. Non potrei che ritenermi d’accordo con questa sua affermazione.

Quante volte a noi appassionati di lettura non capita che, pur avendo avuto una giornata pesante o magari avendo la mente offuscata da pensieri, ci si dica: “Sono esausto, adesso mi leggo un bel libro”? Molte volte, ecco la risposta. E non posso che ritenere questo fatto affascinante.

Io stessa, facendo parte di questo “folle” gruppo di persone, non riesco a trovare una spiegazione a tutto ciò. Semplicemente è così e bisogna farsene una ragione.

Trovo, però, che al giorno d’oggi questo misterioso effetto che i libri hanno sulle persone stia andando pian piano svanendo, specialmente tra le nuove generazioni, e questo fenomeno, sinceramente, mi incute un po’ di timore.

Per un adolescente dei nostri giorni, infatti, trovare un coetaneo che sia un lettore appassionato come lui o lei non risulta essere così scontato come dovrebbe essere. Io stessa, alcune volte, ammetto di essermi ritrovata in situazioni nelle quali possedere un forte amore per la lettura risultava essere strano o addirittura imbarazzante. Eppure, di strano o imbarazzante non c’è assolutamente nulla, anzi, vedendo la situazione attuale ed essendone presa in causa, penso che un giovane appassionato di lettura non debba che ritenersi fiero di sé stesso e consapevole dell’enorme ricchezza che si porta appresso.

Confrontandomi con il pensiero di Pennac, ho trovato molto significativa la sua riflessione riguardo al confronto tra il tempo per amare ed il tempo per leggere. Ritengo che l’autore abbia fatto un ottimo parallelismo tra i due fatti, assolutamente non scontato o trascurabile. Riflettendoci attentamente, Pennac ha pienamente ragione.

Al giorno d’oggi si ha appena il tempo di stare dietro a sé stessi e molte volte, se lo si riesce a fare, si trascura sempre qualche piccolo aspetto, perché, giustamente, non si riesce a portare attenzione ad ogni minimo particolare. Eppure, nonostante ciò, una gran parte di noi decide di condividere la propria vita con un’altra persona, dedicandole del tempo prezioso che potremmo benissimo trascorrere facendo altro. Lo stesso vale per la lettura, che, secondo questo confronto, potrebbe essere definita come “l’innamorata” del lettore, quella per cui egli potrebbe negare del tempo a sé stesso solo per distendersi quella mezz’ora, con il libro in mano, in quell’inspiegabile atmosfera che si crea quando siè immersi nel racconto. Il rapporto con la lettura, quindi, diventa soggettivo e la volontà di sperimentarlo dipende solamente da sé e non deve essere assolutamente forzato.

Come afferma Pennac nella conclusione del suo pensiero, tutto dipende quindi dal proprio volere e dal sapersi voler concedere o meno “la gioia dell’essere lettore”, perché alla fine, se si è veramente appassionati, il tempo e la forza di prendere in mano un libro e leggerne anche solo poche pagine li si trova ed il risultato finirà con l’essere più che gratificante, non solo per noi stessi, ma per il mondo intero.

Per un vero lettore, pertanto, fare tutto ciò non potrà mai essere considerato un peso o qualcosa di maniacale o insano, ma al contrario, la lettura risulterà essere la vera e propria “medicina” di cui in quel momento egli sente di avere la necessità.

Iris Fioretti
(Classe 4^ D GeC)
Istituto di Istruzione Superiore “Palladio” – Treviso

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