Il brusio in aula

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angry young male teacher wearing glasses pointing with index finger at camera shouting with aggressive expression sitting at school desk with books and notes in front of blackboard in classroom

C’è una cosa che rammento con una certa nostalgia scolastica… è il silenzio che c’era in aula quando ero a scuola. Che fossero state le elementari, le medie o le superiori… come si suol dire, non volava una mosca, o quasi. Non che ci fosse un silenzio assoluto, qualche sottile mormorio emergeva, ma nulla a che vedere con il brusio insistente e talvolta insopportabile che in talune classi domina oggigiorno l’aula e che costringe il docente a tentare ripetutamente di spegnerlo.

Quest’ultimo si trova nella necessità di contenere quel brusìo per ricordare a tutti che non ci si trova al mercato bensì in un contesto formale, ma più che altro per farsi sentire. All’interno di quel brusio infatti la sua voce diventa difficile o addirittura impossibile da ascoltare, e lo stesso avviene con quella di chi viene interrogato dal posto. A quest’ultima situazione si cerca di ovviare portando l’allievo o gli allievi in interrogazione accanto alla cattedra, in piedi o seduti, ma questo cosa determina? Determina che si crea una situazione nella quale docente e allievi interrogati si estraniano dalla classe e questa, meno osservata, si sente autorizzata a aumentare il brusio. Il brusio è un’emozione collettiva che lentamente aumenta e trasforma la classe nella folla da stadio pochi secondi prima che si arrivi al goal.

Qualche genitore potrà obiettare che è colpa dell’insegnante, incapace di gestire e zittire gli allievi. Lo dice perché non è in classe davanti a una abbondante ventina di ragazzi che si agitano nel corso della mattinata. Nel “corso della mattinata” nel senso che il brusìo varia nello scorrere delle ore. Aumenta all’inizio della mattinata, nel momento in cui si entra in aula, diminuisce poi nella mezz’ora successiva in ragione del consueto richiamo di inizio, poi va su e giù e tende a ingrandirsi con il livello di stanchezza. Alla base di questo costante brusio – ho deciso di ripetere questa parola proprio per farla pesare quanto il brusio in aula – sussistono vari fattori, fra i quali lo scarso autocontrollo degli allievi, un’educazione permissiva che asseconda o addirittura favorisce la scarsità di autocontrollo e un numero elevato di allievi che si eccitano l’un l’altro nelle varie aree dell’aula, a macchia di leopardo.

Il genitore, a questo punto, dovrebbe ricredersi rispetto all’accusa succitata verso la scuola mentre questa dovrebbe interrogarsi sull’opportunità di mettere assieme tutti quegli allievi nel medesimo spazio.

Ma noi, in quanto società adulta, dovremmo fare un mea culpa per l’aver costruito un mondo caratterizzato dal correre, dalla fretta, dal sorpasso escludendo a priori il fermarsi, il rallentare, come fa il traffico fatto di automobili, motociclette e biciclette impazzite e nevrotiche. E’ un mondo nervoso che non ammette il silenzio o la tranquillità, ma al contrario vuole e cerca la confusione, l’agitazione, il riempimento di tutto con rumori di ogni genere, arrivando a usare la musica per riempire quello che altrimenti diventa un “mortuario”. Pertanto, cari adulti, se volete una classe più tranquilla siate voi per primi tranquilli, più lenti e meno prede dell’ansia e dello stress di un’epoca stritolata dalla smania di correre, fare tante cose e non fermarsi mai. Come ho avuto modo di scrivere nel mio ultimo libro “Homo Marketing”.

E voi, cari ragazzi, non assecondate questa società frettolosa e confusionaria perché vi costringe a essere sempre frettolosi e confusionari e nella fretta e nella confusione non si impara nulla e nemmeno si riesce a pensare. E senza pensare non si realizzano le proprie potenzialità e i propri sogni, e si asseconda un conformismo al quale vi dovreste invece ribellare.

Alessandro Fort
Psicologo formatore, scrittore e docente

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