Parafrasando il titolo di un libro che è molto letto dai giovani d’oggi (perfetti o felici) sembra che i giovani si trovino a rincorrere l’ideale: può essere l’ideale genitoriale, l’ideale proposto dai social, l’ideale della società, ma in ogni caso si può arrivare a sacrificare l’intera esistenza per raggiungerlo o meglio per illudersi di raggiungerlo.
È proprio rincorrendo l’ideale che chi soffre di disturbo alimentare perde un pezzo alla volta di se stesso/se stessa nel tentativo di trovare un riparo ad una vita che ha mostrato il suo volto più duro. Purtroppo la luna di miele con l’ideale non dura per sempre e prima o poi si deve recuperare, come nel ritratto di Dorian Gray, il ritratto vero di noi stessi, che è rimasto sotto la polvere in soffitta, che abbiamo rifiutato, che abbiamo pensato non fosse abbastanza a volte addirittura abbastanza per essere degni di vivere.
Questa è la testimonianza di Giulia, ragazza che ha attraversato l’illusione dell’ideale rispetto a se stessa, ma alla quale manca l’ultimo tratto: accettare quello che si è anche davanti allo sguardo altrui.
Seguire un ideale ipotetico di bellezza, ma qual è l’ideale? Quell’ideale presente nel neoclassicismo che potremmo considerare finto? Che lascia nel dubbio lo spettatore? Quell’ideale che segue la regola di nobile semplicità e quieta grandezza. Quell’ideale che ormai è presente in tutte le menti dei giovani. Quell’ideale che dovremmo abolire, ma che purtroppo viene seguito, adorato, contemplato. L’ideale che ci fa sentire sbagliati, non accettati, non capiti.
Il mondo di oggi si basa su questo ideale, spera di raggiungerlo, ma si arriverà mai a quell’ideale? Ad una perfezione? Arriverà il momento in cui quella persona dirà “sì vado bene così”, che si piacerà veramente, che sarà fiera di essere com’è? Arriverà un momento in cui neanche questo ideale ci basterà, sarà sempre irraggiungibile ma questo è dovuto a noi. Noi che non riusciamo ad amarci, noi che vogliamo somigliare a quel qualcuno che ai nostri occhi sembra perfetto, noi che vorremmo sentirci accettati. Accettati per quelli che siamo dentro, il nostro passato, l’amore che vorremmo dare e ricevere, i valori che ci portiamo dietro dalla nascita. Se siamo accettati per quello che siamo dentro dopo sarà più facile.
E’ difficile lo so, è dentro anche nella mia testa. Un ideale che non riesco ad inquadrare, un ideale che vorrei raggiungere, forse c’ero riuscita ma alla mia testa non andava bene. Quell’ideale che mi incasina la testa, vorrei zittirlo. Vorrei rinchiuderlo così che non emani più dolore. Quell’ideale che mi fa guardare allo specchio e mi dice “sei sbagliata”, “non piacerai”. Ma siamo sicuri che sia quell’ideale? Siamo sicuri che tutto ciò dipenda da quella foto, da quella persona che vedo.
Non mi accetto, non mi accetto perché ho paura di non essere accettata.
Ho un passato difficile, ma chi non lo ha? Perché devo sentirmi in difetto per la mia vita, per quello che ho vissuto, superato, affrontato.
Non è il fisico il problema, ma è il mio passato perché so che potrebbe essere giudicato.
C’è ancora tanto buio negli occhi delle persone, quelle persone che non vogliono vedere, osservare, capire. Quelle persone che giudicano quando qualcuno sta male, credono che tutto sia un capriccio, perché gli adolescenti fanno i capricci no? Bello definire un capriccio una malattia?
E’ bello morire per un capriccio? Perché dobbiamo minimizzare tutto, perché non apriamo gli occhi e cerchiamo di cambiare tutto questo?
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