L’arte è una parte preponderante della nostra vita quotidiana – anche se non sempre ce ne accorgiamo o ne siamo pienamente consapevoli. Con arte intendo non solo la pittura, la scultura, l’architettura, ma proprio tutte le forme artistiche: il cinema e il teatro, la musica, ma anche la danza e via discorrendo.
A che cosa ci serve l’arte?
Ciascuno di noi potrà dare le risposte più disparate: serve a distrarci, a catalizzare le nostre emozioni e a renderle più comprensibili; oppure serve per denunciare, per far riflettere e aprire le menti.
Ma andiamo a vedere cosa ne pensavano, dell’arte, i due giganti della filosofia greca antica: Platone e Aristotele.
Platone aveva dell’arte un’opinione, ahimè, estremamente negativa. Sappiamo che nella sua filosofia, definita dualistica, ci sono due mondi: il nostro mondo sensibile, soggetto a mutamento e degenerazione e fatto di materia, e il mondo intelligibile o Iperuranio, un mondo perfetto e immutabile, nonché immateriale, dove risiedono le idee. Le idee sono i modelli, gli archetipi, di tutte le cose materiali che troviamo nel mondo sensibile – che, di conseguenza, sono copie delle idee. Il mio gatto, ad esempio, è la copia dell’idea originale di gatto, che è unica, eterna, immutabile e che si trova nell’Iperuranio.
Se io, quindi, fossi un’artista e volessi dipingere il mio gatto, darei vita a un dipinto che sarebbe, secondo Platone, “copia della copia di un’idea”. In tal modo, tramite la rappresentazione artistica, mi allontanerei ancora di più da ciò che è vero, da ciò che è pieno essere, ossia dalle idee. Per questo l’arte è qualcosa di negativo, di fuorviante e ingannevole.
La concezione dell’arte che ha Aristotele è invece positiva: essa fa parte delle scienze poietiche o produttive, che producono opere o manipolano oggetti. Scopo dell’arte è produrre oggetti che hanno un’esistenza autonoma (anche un’opera epica o teatrale, ad esempio la tragedia). L’arte non è qualcosa di necessario: è libera creazione dell’essere umano che può scegliere di produrre oppure no e può scegliere anche il metodo attraverso il quale produrre. L’arte è disinteressata, non ha secondi fini; può darci piacere, svagarci, ma anche curarci.
Per Aristotele la fonte più grande di diletto per l’uomo è la conoscenza, e l’arte è un’attività che ci dà gratificazione perché ci permette di conoscere la realtà in una particolare forma: quella artistica.
L’arte imita la natura o i fenomeni sociali o storici attraverso strumenti e modi sempre diversi: la pittura usa colori e forme, la poesia la parola, la musica il suono. Aristotele parla molto della tragedia, che riproduce un’azione seria dove ci sono attori che sulla scena riproducono un dramma umano suscitando nello spettatore che guarda fortissime emozioni.
Il merito dell’arte è quello di rendere universali i fatti che rappresenta, fatti che si ispirano alla realtà ma vengono sempre collocati in un sistema coerente dotato di significato universale. Questo significa che una poesia, un quadro o una musica ben riusciti, possono trasferire gli avvenimenti che raccontano su un piano che va oltre la situazione particolare in cui essi si sono svolti, e sono resi comprensibili e apprezzabili da tutti in qualsiasi situazione.
Ma per Aristotele l’arte è anche catartica, ossia può purificarci, liberarci psicologicamente dal peso di alcune passioni. Lo spettatore, guardando ad esempio una tragedia, può alleggerirsi dalle passioni che lo tormentano identificandosi con i personaggi sul palco e sperimentando, in una dimensione protetta e attenuata, passioni e istinti che nella sua vita potrebbero essere devastanti, se vissute in prima persona. È l’effetto che fa per esempio un film, che può fare paura, commuovere e darci quindi la possibilità di sfogarci e scaricare delle energie negative.
L’artista ha un’arma che si chiama pathos e deriva dalla commozione più profonda nei confronti del dramma dell’esistenza umana. Pathos significa infatti “capacità di suscitare un’intensa emozione” – ciò che fa l’arte.
Chi ha quindi ragione, tra questi due colossi della filosofia?
Ognuno di noi avrà una personale risposta e visione sul tema. Ma, forse, la verità sta nel mezzo: l’arte può essere sia positiva che negativa, a seconda dei messaggi che porta, a seconda di come noi la recepiamo.
A volte l’arte, come dice Platone, può allontanarci dal vero – ma ciò può essere una cosa positiva, auspicabile addirittura.
Altre volte, come dice Aristotele, l’arte può invece raccontare la realtà, anche la nostra realtà, e permetterci così di immedesimarci e stare meglio.
La questione è sicuramente complessa, ma come sempre la filosofia può aiutarci a capirla e a rifletterci su.