“Scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere”
Il senso di irrisolutezza con cui ho chiuso il libro paradossalmente non mi ha lasciato a bocca asciutta. “Tasmania” di Paolo Giordano, recente pubblicazione di Einaudi,è per certi versi più simile a un diario che non a un romanzo e la sua struttura, così come il suo stile evocativo, unito a una narrazione che sembra autobiografica, mi ha coinvolto al di là di ogni mia aspettativa. In Tasmania la crisi intima, identitaria e coniugale del protagonista e dei suoi amici si intreccia al filone di crisi internazionali e comunitarie, dal cambiamento climatico al terrorismo, dal movimento per la parità di genere al fantasma della bomba atomica, seguendo gli eventi in un ordine cronologico, quasi diaristico per l’appunto, capace di rendere il lettore complice e coprotagonista in un certo senso, riportandolo a una collocazione temporanea e spaziale molto precisa che è la cornice di questi ultimi otto anni.
“Non ero il solo a intrattenermi così: il sito registrava il numero totale di detonazioni da parte degli utenti, che aveva già sorpassato i due milioni. Là fuori c’erano migliaia di distruttori di mondi. La fine della specie umana era un passatempo nuovo. Quanto a me, pensavo molto alla bomba e non più ai figli che Lorenza e io non avremmo avuto.”
L’autore colpisce inoltre per il modo in cui affronta il tema della paternità e dell’amicizia maschile e adulta, senza banali didascalie, ma con la forza di immagini e scene evocative unite a un linguaggio radicato nella realtà, scevro di abbellimenti.
Personalmente ho trovato commoventi i riferimenti a Hiroshima e Nagasaki, nella memoria diretta di due veri hibakusha, sopravvissuti alla bomba e alle sue conseguenze. Le riflessioni sul cambiamento climatico per bocca del protagonista invece mi hanno fatto pensare più volte a Jonathan Safran Foer e al suo “Possiamo salvare il mondo, prima di cena“, mentre più in generale l’ordito di elementi scientifici mi ha fatto provare nostalgia di un maestro in questo campo, Fredrik Sjöberg, (L’arte di collezionare mosche).
Sono tante le frasi che ho sottolineato e le pagine che mi sono appuntata per poterci tornare. In generale non ritengo che questa sia una lettura adatta a tutti, proprio per la sua particolarità strutturale, ma Tasmania è un libro affascinante che mi sento di consigliare perché non si fa dimenticare una volta letto, dona profonde suggestioni e credo che la sua intensità e la sua onestà cruda lascino il segno.
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