L’abbigliamento a scuola

0
896

La questione dell’abbigliamento a scuola è un tema che di primo acchito verrebbe da risolvere con un… ci si vesta come si vuole e stop, ma esistono vari aspetti da esaminare prima di archiviarlo.

La scuola è una comunità e non si può ignorare il fatto di aver a che fare con gli altri, con le loro reazioni e con il loro diritto di tutti di avere delle opinioni e reciproche aspettative.

Il lettore che ora salta sulla sedia e mi ribadisce che ognuno è libero di far quello che vuole, farebbe bene a calmarsi.

Quando siamo all’interno di una collettività non siamo liberi di fare tutto quello che vogliamo, la nostra libertà è il più o meno equilibrato compromesso fra le aspettative del contesto sociale (quello che si aspettano gli altri) e quello che vogliamo fare noi. C’è chi si fa condizionare di più e chi meno, ma in ogni caso non siamo liberi del tutto. Se ci comportassimo prescindendo completamente dal prossimo ne deriverebbero problemi di emarginazione, non possiamo essere completamente diversi dagli altri ed esigere da questi di accoglierci con entusiasmo. Insomma, sei libero di andare in piazza con due rotoli di carta igienica sulle orecchie ma non puoi pretendere che tutti si voltino verso di te limitandosi a complimentarsi per l’ottima scelta del colore della carta invece di dirti che sei fuori di testa.

Esiste una serie di norme, anche non scritte, che appunto “regolano” il nostro stare con gli altri e lo rendono più agevole. Per quali motivi, ad esempio, non potrei andare in aula indossando il pigiama e un paio di ciabatte? Perché il pigiama è nato con una funzione ben precisa e a scuola non si va per dormire!

Qualcuno non sarà d’accordo e mi ripeterà che è ancora una questione di libertà, ma non è così. Qualcun’altro mi dirà pure che c’è chi a scuola ci va per dormire… ma questa è un’altra storia!

Non si può prescindere dal dove siamo, da cosa si fa in quel luogo… e della contraddizione fra il pigiama e un abbigliamento adeguato all’essere allievi in una classe finalizzata ad acquisire nuove informazioni e crescere idee personali, per maturare e diventare adulti, anche sul piano sociale ed emotivo.

Un’ulteriore riflessione la dobbiamo fare a proposito della funzione degli abiti. Essi proteggono il corpo (dal freddo o dal caldo), coprono la nudità ma inviano anche dei segnali. L’abito è espressione della nostra personalità. Quando scegliamo un paio di scarpe piuttosto di un altro esprimiamo il nostro gusto e quindi quello che vogliamo dire al mondo.

Non possiamo trascurare le più recenti polemiche sull’abbigliamento di ragazzi e ragazze, specie con la stagione più calda. Anche qui i giovani vanno invitati a valutare due aspetti, comodità e sessualità. È comodo andare in giro con i pantaloni corti o le spalle scoperte per il caldo e pure per la praticità, ma allo stesso tempo non possiamo trasformare un’aula in una spiaggia, come nessuno penserebbe di trasformare l’arenile in un’aula vestendo tutti in maniera compita, seduti su sedie e banchi ordinati in file.

Ma vediamo di non far finta di ignorare che determinati abbigliamenti emettono segnali sessuali più evidenti di altri. Non mi si venga a rispondere che la malizia è negli occhi di chi guarda. La verità è che la nudità e la semi nudità sono universamente utilizzate e percepite come mezzi di attrazione ed esibizione sessuale, anche in questo caso inopportuna all’interno di un contesto come è la scuola, ma anche alle Poste o in stazione. Il notare delle gambe scoperte, un muscolo o un seno che emerge dalla scollatura sono veri e propri automatismi, per non dire addirittura meccanismi alla base dell’attrazione e del riconoscimento sessuale necessari alla razza umana per la conservazione della specie. Si tratta pertanto di segnali semplicemente inopportuni rispetto al luogo e alle sue specifiche finalità, la scuola è e deve essere luogo di crescita e maturazione ed è giusto che si rifletta anche sulla “giusta” misura delle cose.

Lungi dal giustificare, anche minimamente, atteggiamenti irrispettosi verso una ragazza che indossa la minigonna e sperimenta la sua femminilità, invito a ragionare sul proprio comportamento, sul proprio abbigliamento e sui messaggi che si proiettano all’esterno in relazione all’ambiente nel quale ci si trova. Perché, malgrado tutta la libertà che si vuole, la scuola è un luogo di crescita personale, morale e intellettuale che non ha bisogno di esibizionismi esagerati adatti a situazioni di ben altro genere.

Alessandro Fort
Psicologo formatore, scrittore e docente di Scienze Umane

Facebook
Instagram
YouTube
Sito

Previous article“la Salamandra” n.81
Next article“A cosa serve la mia firma?”

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here