Il rap per la rieducazione

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Il progetto DaZero all’Istituto Penale Minorile di Treviso

Le condanne devono “tendere alla rieducazione del condannato”. Così recita la nostra costituzione, e spesso ci si chiede se, rinchiudendo i colpevoli di reati in un carcere, si percorri strada giusta per rieducarli.

Da più di un anno insieme a cooperative importanti come Comunica e NATSPer, stiamo entrando con DaZero all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Santa Bona.

L’obiettivo: rieducare i ragazzi attraverso la musica.

L’esperienza è incredibilmente formativa da entrambe le parti. Entrare in contatto con una realtà come quella del carcere minorile, così da vicino, è un’esperienza che andrebbe offerta a tutti. Per noi, una maggiore consapevolezza del disagio giovanile e delle problematiche sociali che spesso non vediamo o facciamo finta di non vedere. Per i detenuti, una valvola di sfogo vissuta all’interno di un cosiddetto “gruppo tra pari”: entriamo noi ragazzi a spingerli a fare musica, condividendo di frequente la stessa passione per il rap.

Il lavoro interno consiste nello stabilire una relazione sociale di qualità con i ragazzi, per poi spingere sul lato artistico, coordinando la scrittura alla ricerca delle metriche, dei flow, e delle melodie con le quali, poi, registrare un brano.
A volte risulta necessario lavorare molto sulla spinta motivazionale: non sempre all’interno della struttura sono ben disposti a cimentarsi nella musica.
Di seguito il racconto di uno dei primi giorni all’IPM (Istituto Penale Minorile):
Due ragazzi vogliono fare un pezzo insieme: si chiamano S. e V.

Discutono sulla scelta della strumentale, ascoltandone una quindicina, poi iniziano a scrivere. Suggerisco di scegliere un argomento per mantenere un tema.

I due ragazzi sono compagni di cella, tra loro c’è feeling e lo percepisco.

Uno dei due ha un particolare senso del ritmo, tiene il tempo e adatta bene il flow alla strumentale. L’altro, meno versatile, mantiene lo stesso stile e la medesima cadenza per tutto il pezzo.

Nel processo di scrittura il problema sta nella banalità delle rime: troppo semplici. I ragazzi hanno voglia di provarla sulla strumentale, ma non approfondiscono la ricerca delle parole, scrivendo le prime cose che gli vengono in mente senza pensarci su. Forse però, è proprio questo il punto di forza che li caratterizza: la voglia di sputare sul foglio qualsiasi cosa senza doverci pensare su.

S. e V. sono gasati: con loro trascorro gran parte delle 3 ore stabilite e lavoriamo al brano con un clima spensierato.

Mentre io e i due ragazzi ci salutiamo, entra un operatore dell’istituto penale: V. gli dice, indicandomi, “fatelo venire più spesso, questa attività è la più f**a”.Con un mezzo sorriso celato dalla mascherina, esco dall’istituto soddisfatto del lavoro svolto”.

DaZero

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