Bamboccioni a chi?

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Il Ministro Padoa Schioppa si rivolse ai giovani italiani che a trent’anni sono ancora a casa con mamma e papà chiamandoli “bamboccioni”. Migliaia di giovani precari sono insorti; si sono difesi dicendo che la situazione giovanile è assolutamente disastrata. Trovare un lavoro stabile è un vero terno al lotto. Stipendi da fame e forme contrattuali all’insegna dell’incertezza peggiorano questo quadro già  tragico. Così, pensare di mettere su casa e dover far fronte a spese mensili fisse, è diventato impensabile, visto che il resto della vita è così drammaticamente – per usare un aggettivo di moda – “flessibile”.
Questi sono i temi consueti di cui sentiamo parlare ogni giorno alla radio e alla televisione. Anche i libri dicono la loro e questo mese ne proponiamo uno assolutamente controcorrente. Il titolo la dice lunga: “Precari e contenti”. L’autrice, Angela Padrone, che non è né giovane né precaria, dice senza mezzi termini che questa storia del precariato è fondamentalmente una grande lagna nazionale, un grosso alibi collettivo per continuare a piangersi addosso senza avere il coraggio di rimboccarsi le maniche e lavorare veramente. L’autrice continua con l’affermare che le generazioni precedenti non stavano certo meglio: l’unica differenza è che chiamavano la precarietà  con altri nomi quali lavoro nero, apprendistato…
Nel resto del mondo inoltre, le cose non sono diverse, dai paesi in via di sviluppo alla ricca America dove cambiare lavoro, essere licenziati e doversi reinventare sono all’ordine del giorno. Per l’autrice questo nuovo volto del mondo del lavoro in Italia rappresenta invece una grande opportunità , perché offre una possibilità  concreta di entrare nel mercato del lavoro a quelle categorie svantaggiate che altrimenti un lavoro non l’avrebbero trovato mai. Anche la precarietà spinta offre qualcosa: un’alternativa al nulla. A ciò va aggiunto che i “migliori”, quelli veramente bravi, usano questi strumenti per andare avanti come treni, per trovare la propria strada ed avere non solo un lavoro, ma un lavoro di successo. Per argomentare queste tesi il libro racconta 20 storie di giovani italiani commentate dall’autrice con il tono di chi la sa lunga. La morale del discorso è abbastanza semplice: chi è bravo ce la fa, chi lo è meno…
Il lettore può essere d’accordo o meno con l’autrice magari si può anche arrabbiare ma si tratta comunque di un libro da leggere, perché è un testo scorrevole e frizzante. Per chi invece vuole sentire un’altra campana proponiamo il saggio-intervista di Aldo Nove “Mi chiamo Roberta ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…”.
Entrambi sono disponibili al prestito presso la biblioteca comunale di Treviso nella sede Gil.
Vi aspettiamo!
Biblioteca Comunale di Treviso
www.bibliotecatreviso.it
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