Spieghiamo cos’è l’Integrazione Sensoriale
La teoria di Integrazione Sensoriale (Ayres Sensory Integration, ASI) è stata sviluppata, a partire dagli anni ‘60, negli Stati Uniti da A. Jean Ayres, la quale ha dedicato la sua intera vita al servizio dei bambini con disturbi del neurosviluppo e delle loro famiglie, segnando un prima e un dopo nella storia della terapia occupazionale. La dottoressa Ayres rivoluzionò totalmente l’intervento di terapia occupazionale, raggiungendo un importante traguardo nello sviluppo di un modello di intervento basato sull’evidenza.
Guidata dal suo background accademico in neuroscienze e dalla sua esperienza nel campo clinico, Ayres sviluppò la teoria di integrazione sensoriale per spiegare le potenziali relazioni tra i processi neuronali di ricezione e integrazione dell’input sensoriale che portano al risultato finale, ovvero la risposta adattiva.
L’integrazione sensoriale è il processo neurobiologico che integra e organizza tutte le sensazioni che provengono tanto dall’ambiente esterno quanto dal nostro corpo (enterocezione). Attraverso il tatto, la forza di gravità, la percezione della posizione e movimento del corpo, la vista, l’olfatto, l’udito e il gusto, queste informazioni arrivano al cervello continuamente e in grande quantità. Una buona integrazione di queste informazioni ci consente di produrre delle risposte adattive adeguate all’ambiente e a ciò che accade intorno a noi. Questo è fondamentale poiché è il meccanismo che si trova alla base dell’apprendimento e del comportamento sociale.
Il lavoro di Ayres si basa su osservazioni cliniche di bambini con disturbi dell’apprendimento, molti dei quali mostravano difficoltà percettive, sensoriali e motorie. La dottoressa ipotizzò che “l’apprendimento è una funzione del cervello e i disturbi dell’apprendimento riflettono alcune deviazioni nelle funzioni neurali (Ayres,1972)”.
Ayres sosteneva, quindi, che le difficoltà di apprendimento potevano essere dovute a delle difficoltà di integrazione delle informazioni sensoriali e questo a sua volta causerebbe la manifestazione di disfunzioni di integrazione sensoriale osservabili nel comportamento del bambino.
Come accennato nel precedente paragrafo, Ayres ha utilizzato batterie di test per testare e esaminare sul campo la sua teoria. Attraverso questi test, è stata in grado di condurre una serie di studi analitici su cluster e fattori che l’hanno condotta a scoprire una serie di gruppi di sintomi che rientravano in pattern significativi e che descrivevano campioni clinici di bambini. I pattern di disfunzione sensoriale sono serviti a guidare la strategia di intervento (Ayres, 1979, 1989). Ad esempio, un pattern chiamato “disprassia dello sviluppo” è stato costantemente identificato nei bambini che sembravano avere difficoltà nell’elaborazione di idee, nella pianificazione e nella realizzazione di nuove attività motorie e anche nell’elaborazione dell’input tattile e di altre informazioni somatosensoriali.
In sintesi, la teoria si basa sui seguenti principi di neuroscienze, psicologia dello sviluppo, terapia occupazionale e scienze dell’educazione:
- lo sviluppo sensomotorio è un importante substrato per apprendimento;
- l’interazione dell’individuo con l’ambiente modella lo sviluppo del cervello;
- il sistema nervoso è capace di cambiamento (plasticità cerebrale);
- le attività sensori-motorie significative sono un potente mediatore di plasticità.
L’approccio di integrazione sensoriale
L’approccio basato sulla teoria di integrazione sensoriale, è utilizzato con bambini che hanno difficoltà significative a processare le informazioni sensoriali. L’obiettivo dell’intervento è quello di aumentare la capacità di elaborare e integrare queste informazioni e di fornire una base per migliorare l’autonomia e la partecipazione nelle attività di vita quotidiana, nel gioco e nelle attività scolastiche.
I terapisti occupazionali che utilizzano questo approccio seguono una serie di principi che guidano le capacità di ragionamento clinico dei terapisti e garantiscono una pratica basata sui criteri di fedeltà alla teoria (Parham, 2007).
Di seguito, verranno elencati i principi chiave sopracitati:
- “La giusta sfida”: Il terapista crea attività ludiche con obiettivi raggiungibili dal bambino; nonostante le attività includano una sfida, il bambino partecipa all’attività con successo.
- La risposta adattiva: Il bambino risponde alla “giusta sfida”, utilizzando nuove strategie, dimostrando capacità di adattamento.
- Il coinvolgimento attivo: Il terapista fornisce un ambiente giocoso e ricco di stimoli e invoglia il bambino a partecipare all’attività;
- Guidato dal bambino: Il terapista osserva costantemente il comportamento del bambino, seguendo così la sua guida o i suoi suggerimenti. Il terapista utilizza i segnali del bambino per creare attività allettanti e ricche di sensazioni.
Dott.ssa Simonetta Del Signore
Terapista Occupazionale
Titolare della clinica ABCHild di Treviso