Introduzione alla favola
In questo numero ritroviamo un’altra favola sulla disabilità inventata da alcune studentesse dell’Istituto Besta di Treviso, facente parte del progetto “Disabilità e comunicazione: parole freccia VS parole zucchero filato” proposto dalla prof.ssa di Psicologia generale applicata Isabella Silvestri.
La finalità è quella di riscoprire il ruolo positivo delle persone diversamente abili, le quali, con i loro talenti, diventano parti essenziali per il raggiungimento di uno scopo comune nella società.
In questo racconto, nello specifico, emerge la capacità tattile peculiare di un ragazzo non vedente, all’inizio bullizzato ma alla fine stimato dai compagni di classe, che sono riusciti ad entrare in empatia con la sua disabilità sensoriale attraverso l’attività proposta da una compagna (Grace = grazia) che rappresenta la gentilezza e la comunicazione assertiva, che non diventa aggressiva neppure nei confronti dei bulli. Questo tipo di comunicazione è un pilastro fondamentale per l’educazione civica.
Sperimentare “come ci si sente” nei panni di una persona speciale, vivere una sua giornata, è stato anche l’obbiettivo del Progetto PCTO “Noi come VOI” proposto dalla prof.ssa Meneguz Catia (ad esempio alcuni studenti normodotati hanno trascorso una mattinata seduti su una sedia a rotelle). Diventare consapevoli della difficoltà in più nella vita con cui convive una persona con disabilità -motoria, sensoriale o cognitiva-, permette di trasformare il pietismo o il pregiudizio di “inferiorità” collegato alle capacità che mancano, in STIMA per gli obbiettivi che questa persona riesce a raggiungere, nonostante una società talvolta ostile, che potrà cambiare sin dalla prima infanzia soltanto attraverso l’educazione alla gentilezza (con il suo vocabolario: da qui l’idea delle parolezucchero filato inserite in queste favole).
La favola (di Anna Narduzzi, Gioia Pastrolin, Licia Pavanetto)
Andrea è un ragazzino di tredici anni che frequenta la terza media.
Il migliore amico di Andrea è Franco il suo “bastone bianco” che tiene sempre a fianco. Franco lo aiuta, lo guida, lo accompagna, lo sostiene e lo supporta in ogni momento della giornata. Andrea al contrario dei suoi amici non ci vede, per questo motivo il suo bastone Franco sta sempre assieme a lui.
In un giorno di primavera la professoressa di Andrea decise di portare l’intera classe a fare una gita. Tutti erano felici e contenti per questa avventura.
Il giorno dopo si misero in viaggio per raggiungere il luogo che dovevano visitare. Mentre camminavano, all’improvviso Franco non si accorse di una piccola roccia lungo il sentiero e fu così che Andrea inciampò e cadde, in quel momento tutti i suoi compagni si misero a ridere e lo presero in giro dicendogli delle parole che sembravano frecce taglienti: “Guarda dove metti i piedi, stupido!”, “Mettiti degli occhiali più grossi”, “Hai tredici anni e non hai ancora imparato a camminare?”.
Andrea ricevendo queste parole pungenti come le frecce si sentì diverso, sbagliato e incapace.
Ad un certo punto però… arrivò Grace, una sua compagna gentile con tutti, per aiutarlo a rialzarsi e difenderlo dalle offese ma senza essere aggressiva. “Smettetela ragazzi, avete tredici anni ma ancora non capite che queste non sono belle parole da sentirsi dire, Andrea ha solamente abilità diverse rispetto a noi!”. Poi rivolta ad Andrea: “Non preoccuparti di ciò che ti dicono, non ti rispecchia affatto, tu sei un ragazzo d’oro e non hai nulla in meno rispetto agli altri. Loro non sono cattivi solamente non riescono a mettersi nei tuoi panni… Anzi, troveremo il modo di fargli capire che pur avendo una difficoltà in più, te la cavi benissimo lo stesso, FIDATI DI ME!”.
Andrea ringraziò Grace per le splendide parole di conforto, che gli sono sembrate soffici e dolci come lo zucchero filato! Qualche giorno dopo la ragazzina parlò con i professori raccontando loro l’episodio di bullismo accaduto durante l’uscita scolastica, proponendo un’attività speciale che aveva imparato agli scout.
Un gioco che consisteva nel bendare uno ad uno i compagni che avrebbero dovuto indovinare degli oggetti posti all’interno di una scatola solamente attraverso il tatto, facendo provare così le stesse sensazioni che accompagnano Andrea dalla nascita.
Il giorno seguente l’insegnante, al posto di punire o sgridare i bulli, entrando in classe comunicò come si sarebbe svolta la lezione quel giorno, spiegando le regole dell’attività proposta da Grace. Gli alunni iniziarono il gioco coprendosi gli occhi con un fazzoletto oppure una mascherina da aereo portata dal prof.
Conclusa la gara i compagni notarono che il punteggio di Andrea era di gran lunga più alto del loro, perciò rimasero a bocca aperta.
Si complimentarono con lui con parole che curarono le precedenti ferite: “Che bravo sei stato! Sei un fenomeno ed eravamo noi a “non vederti” per ciò che sei: un campione eccezionale. Il numero uno!”
Successivamente si scusarono per averlo offeso e preso in giro. Da quel giorno i compagni capirono veramente cosa significasse avere una disabilità visiva e da quel preciso istante si instaurò un profondo legame di stima e amicizia.