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Un tratto preciso può svelare una storia, contribuire alla giustizia, un semplice dettaglio può far la differenza tra la verità e l’incertezza. È quello che abbiamo scoperto noi studenti del Liceo Artistico di Treviso partecipando al convegno “Il disegnatore accademico forense sulla scena del crimine”, organizzato dal Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) di Treviso con il patrocinio della città giovedì 23 gennaio. Un’occasione unica, ospitata nella suggestiva cornice del Museo Civico Santa Caterina, per conoscere da vicino un mestiere che unisce arte, scienza e giustizia ed esplorare il ruolo cruciale del disegno accademico forense nelle indagini criminali.
Introdotti dal Segretario Provinciale del SAP di Treviso, Paolo Casagrande e guidati dalla Dott.ssa Elena Pagani, Maestro d’Arte ed esperta del settore, abbiamo compreso quanto il ruolo del disegnatore forense vada ben oltre la creazione di identikit. Non si tratta esclusivamente di ritrarre un volto basandosi sulle descrizioni di un testimone: il disegnatore forense collabora con le forze dell’ordine per ricostruire scene del crimine, identificare dettagli nascosti e contribuire concretamente alle indagini. Un lavoro meticoloso che richiede non solo talento artistico, ma anche un occhio attento, incredibili capacità analitiche e una solida conoscenza dell’anatomia umana. Alla presenza del Questore di Treviso e della Dirigente Scolastica del Liceo, il convegno ha rappresentato un’importante occasione di crescita per noi ragazzi, dimostrandoci ancora una volta come la scuola possa essere un ponte tra cultura, formazione e mondo professionale.
L’evento è diventato particolarmente intenso e avvincente quando la dottoressa ci ha portato l’esempio di casi concreti su cui ha lavorato durante la sua carriera, il primo dei quali è stato il terribile stupro di Rimini del settembre 2017, in cui un gruppo di aggressori ha brutalmente assalito alcuni ragazzi in vacanza. Attraverso il racconto della Dott.ssa Pagani, abbiamo capito quanto sia stato cruciale il contributo del disegno forense per ricostruire i volti dei colpevoli e aiutare le autorità a risolvere il caso, partendo da delle immagini di bassissima risoluzione, quindi inutili, e da una descrizione confusa delle povere vittime.
Dopo aver ascoltato il primo caso, la narrazione della dottoressa è proseguita con un altro caso che ci ha colpito profondamente: il famoso “disegno del diavolo”. Questo caso ha letteralmente travolto ognuno di noi, perché ci ha fatto entrare in un mondo dove niente è come sembra, dove ogni certezza è destinata a crollare e ogni risposta si rivela errata. Abbiamo tutti avuto la sensazione di trovarci dentro ad un labirinto, un cunicolo senza uscita, che però, grazie all’intuito e al talento della disegnatrice forense, ha trovato la sua soluzione.
Quello che ci ha veramente sorpresi è stato il fatto che il disegno forense non sia solo una questione di ricostruire volti o scene del crimine, ma di saper decifrare un intricato gioco di indizi, di dettagli sfuggenti che possono sembrare insignificanti ad un occhio non allenato. In questo secondo caso, ad esempio, ogni piccolo particolare che emergeva dalle descrizioni delle vittime veniva analizzato e reinterpretato, ogni passo che veniva fatto sembrava ribaltare tutto ciò che era stato pensato fino a quel momento, portandoci a rivedere continuamente le nostre convinzioni, a mettere in discussione ogni dettaglio.
È stato come se il disegno, in questo caso, si trasformasse in un mezzo per viaggiare attraverso un mondo che non segue le regole della realtà. Un mondo in cui l’osservatore deve essere più di un semplice testimone. Ogni segno, ogni linea, ogni ombra tracciata sul foglio, non faceva altro che approfondire l’enigma. Un dettaglio che sembrava insignificante poteva improvvisamente rivelarsi la chiave di lettura di un’intera scena, un altro che sembrava una prova inconfutabile si trasformava in un inganno.
La cosa più affascinante, ma anche inquietante, è il fatto che il disegno non solo ricostruiva l’aspetto fisico o la scena, ma sembrava in qualche modo riflettere una verità più profonda e sfuggente. Un mondo parallelo, dove la percezione e la realtà venivano continuamente messe in discussione. E, incredibilmente, mentre eravamo presi dalla sua narrazione, abbiamo tutti avvertito che il tempo stava passando senza che noi ce ne accorgessimo. Ore di spiegazioni e discussioni sono volate via in un attimo, come se fossimo tutti entrati in un mondo a parte, dove l’unica cosa che contava fosse la ricerca di quel dettaglio che avrebbe finalmente svelato la verità. È stato in quel momento che abbiamo capito veramente la potenza di questo mestiere. Non si tratta solo di talento artistico, ma di una forma di “visione” che va oltre l’ovvio, che sa cogliere ciò che sfugge agli occhi più comuni. Abbiamo visto come un semplice tratto di matita possa non solo ricostruire una scena del crimine, ma anche ridisegnare la percezione di ciò che è accaduto, portando alla luce la verità che si nasconde dietro l’apparenza. Un mestiere che unisce arte, scienza e giustizia, ma che richiede anche un’incredibile capacità di analisi, di concentrazione e di intuizione, in grado di decifrare anche l’indecifrabile. Un’esperienza che ci ha profondamente impressionato e che, soprattutto, ci ha fatto riflettere su come, anche attraverso il disegno, si possano cambiare le sorti di un’indagine e, forse, anche della vita delle persone coinvolte, non ci saremmo mai aspettati che la nostra passione per il disegno potesse avere un impatto così concreto e significativo nella vita della comunità.
Vladulescu Giulia e Valdemarca Giada 5C