Giovani e sport

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L’attività sportiva contribuisce al benessere psicofisico dei praticanti a qualunque livello e a qualunque età. È ispirata ai valori dell’amicizia e della lealtà in un’epoca come la nostra, individualistica e distratta verso il prossimo. Il sano confronto incoraggia l’impegno, l’autodisciplina e il senso del sacrificio rispetto a un obiettivo. Tuttavia anche lo sport ha i suoi lati negativi.

Ci sono le conseguenze a livello fisico, dagli effetti del cloro della piscina fino ai danni scheletrici e articolari su chi corre o salta. Il sano confronto facilmente diventa furibonda competizione, anche con se stessi, e trasforma quello che dovrebbe essere un piacere in un’ansiogena e stressante nevrosi per il risultato e la prestazione.

Gli effetti deleteri non riguardano tuttavia solo l’individuo, ma pure l’ambiente. Antichi e delicati sentieri diventano aggressive ciclovie da creare in nome del bikefanatismo, litorali incantati e verdi pianure diventano soffocanti oceani di cemento per creare impianti agonistici, declivi montani diventano devastanti piste, corredate di alberghi e cabinovie, da imbiancare con neve artificiale che l’ipocrisia del greenwashing chiama “programmata”.

Ma c’è dell’altro. Esiste infatti l’esaltazione dello sport che evade la pratica e pretende di imporre l’idolatria di campioni, punteggi e record come fossero l’alfabetizzazione che tutti devono possedere. In Rete, alla TV, sui giornali c’è un continuo susseguirsi di punteggi, squadre, atleti, gare e supergare, tornei e megatornei di tutte le discipline.

I giochi a quiz propongono domande su atleti ed esiti sportivi e nel linguaggio comune si propagano espressioni quali “Fare canestro” o “Stare in difesa”. La pubblicità sfrutta nel ruolo di influencer i personaggi sportivi mentre giornali e telegiornali, cercando l’audience, alimentano la conoscenza del nulla sacrificando quella che dovrebbe essere la loro missione, informare sugli avvenimenti di attualità politica, scientifica, artistica, ambientale e via dicendo. Si parla invece solo di numeri, nomi, colori, marche e stili di abbigliamento all’insegna dell’artificialità alla massima potenza. Un fanatismo che travalica i confini continentali e determina la sportivizzazione (leggi standardizzazione) culturale dell’intero pianeta. La questione dei giovani, e non solo, rispetto allo sport non è dunque se praticarlo o meno, ma imparare a distinguere ed evitare la sua dimensione esasperata, seppure ci sia la moda del considerarlo la panacea di tutti i mali dell’umanità.

Come non ripensare alle lezioni di storia, a scuola, e ai giochi nel Colosseo utilizzati per distrarre il popolo dalle questioni che lo riguardavano e delle quali si voleva non fosse consapevole?

Alessandro Fort
Psicologo formatore, scrittore e docente

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