Vincitore del Premio Comisso con “Adelaida”
Venerdì 4 ottobre, la nostra classe, insieme ad altre della scuola “Duca degli Abruzzi” di Treviso, ha avuto l’opportunità di incontrare lo scrittore argentino e italiano Adrian N. Bravi, autore del libro “Adelaida”.
Il libro segue la vita di una donna, madre, artista e scrittrice nata a Recanati e trasferitasi in Argentina da bambina. La trama è incentrata sulla dittatura argentina, e la storia di Mini e Lorenzo Ismail (figli di Adelaida, desaparecidos) segna dolorosamente l’intero testo di Bravi.
La sua storia, il suo fervore politico, il destino dei suoi figli e la grande amicizia che Bravi aveva con Adelaida sono ciò che caratterizza questo libro. Persone di generazioni diverse (chi scrive aveva circa 25 anni quando si incontrarono), tutte di origine italiana ma cresciute in Argentina, tornarono entrambe in Italia.
Nonostante la sofferenza, Bravi ci racconta di una donna affascinante, eternamente giovane, piena di spirito, contraria ad ogni finzione e apparenza, dotata di grande intraprendenza e propensione all’arte.
L’autore, affascinato dalla vita di questa donna, ha deciso di scrivere la sua storia dopo la sua morte, temendo che il suo vissuto potesse essere dimenticato. Adrian ci ha raccontato di come ha dovuto svuotare il suo monolocale, mettendo però da parte tutti gli appunti e documenti di Adelaida per non buttarli, e tenerli da parte: ci ha detto che per lui è stato difficile scrivere questo libro che ha dovuto smettere di scrivere molte volte e prendere molte pause, perché raccontare questa storia gli provocava un forte dolore, in quanto egli si rispecchia un po’ in lei e anche per il legame che comunque avevano.
Adelaida è profondamente legata alla sua terra d’origine, dove ha creato la sua famiglia assieme al marito David Viñas, con cui ha avuto poi due figli, Mini e Lorenzo Ismael. È un periodo difficile però in Argentina, dove il popolo si sta ribellando al regime e si verificano continue lotte e violenze; è comune il fenomeno dei “desaparecidos”, cioè di ragazzi rapiti e torturati e poi spariti nel nulla. Adelaida ha perso i suoi cari proprio così, perché questi si erano ribellati al regime argentino. La straordinarietà del racconto riguarda proprio la forza di Adelaida, che dopo aver perso tutta la sua famiglia riesce a ripartire con una nuova vita lontana dall’Argentina, senza però dimenticare niente di ciò che era successo alla sua famiglia. La storia di Adelaida rispecchia le molte altre realtà vissute da altri argentini in quel periodo, rimaste sconosciute alla maggior parte delle persone.
Adrian N. Bravi aveva iniziato l’incontro presentando la sua storia personale e il suo rapporto con Adelaida Gigli. Ci ha spiegato di aver sentito un “dovere morale” nel raccontare la vita di questa donna straordinaria, affermando che, se non l’avesse fatto lui, nessuno avrebbe dato voce alla sua storia. Durante la conversazione, l’autore si è soffermato sul tema della lingua e della sua identità culturale. Bravi, nato in Argentina ma residente in Italia da molti anni, ha raccontato di come non si senta completamente appartenente né all’italiano né allo spagnolo. In Argentina, gli viene detto che ha una cadenza italiana, mentre in Italia si sente il suo accento argentino. Ha anche condiviso il particolare che, per sentirsi sicuro, ha bisogno che i suoi testi vengano sempre revisionati, sia quando scrive in spagnolo che in italiano. Abbiamo trovato molto interessante quando ha spiegato come lui, ad oggi, non abbia una lingua madre e come ad egli alcune parole suonino diversamente nelle diverse lingue. In particolare ha preso come esempio, per renderci più chiaro il concetto, la parola “lagarto” ossia lucertola. Lo scrittore ci ha raccontato come egli concepisca la parola in due modi totalmente diversi a seconda della lingua in cui essa viene nominata. Sentirla in italiano infatti lo fa pensare solo all’animale in sé, mentre, quando la sente pronunciare in spagnolo, subito gli riaffiorano i ricordi di gioventù quando era solito giocare con gli altri bambini a rincorrere ed intrappolare le povere bestie. Essendo bilingue – commenta Anita – anch’io mi sono ritrovata in ciò che ha detto, perché dietro la parola “calzino” vedo solo un’immagine da associare a tale parola, ma quando dico “čarapa” mi teletrasporto in Serbia e mi vedo giocare al gioco dell’impiccato con i miei cugini, ridendo a crepapelle.
Alla fine dell’incontro, gli abbiamo augurato buona fortuna per il Premio Letterario Giovanni Comisso, per il quale era candidato: abbiamo appreso successivamente con grande piacere che ha vinto il premio, un riconoscimento meritato per il valore del suo lavoro.
Giada Pigro, Vanessa Leka, Vanessa Berioli, Anita Miletic, Sofia Ferramosca, Marina Agnoletto, Anna Vantaggiato