Josée, la tigre e i pesci

0
1010

Alcune storie lasciano il segno. Resistono nel tempo, crescono e mutano finendo per tradursi in formati e linguaggi inediti, capaci di colpire l’immaginazione e di suscitare empatia e commozione, rompendo ogni barriera culturale e generazionale.

E’ il caso di “Josée, la tigre e i pesci”, che nasce nel 1984 come racconto dalla penna della pluripremiata autrice Seiko Tanabe (1928 -2019) per la rivista mensile Kadokawa, e che l’anno seguente figura in una raccolta dal titolo omonimo. Questa storia che parla di disabilità, di sogni e di paure, d’amore e di coraggio è tanto apprezzata da generare la produzione di un live action nel 2003, di un remake sud – coreano nel 2020, e di un anime nello stesso anno a firma di Kotaro Tamura, (già assistente di regia in Wolf Children). Forse una delle cose più interessanti è proprio osservare i mutamenti dall’originale alle opere successive, passando per il manga in due volumi pubblicato dalla Kadokawa Corporation e tradotto da JPOP per l’Italia nel 2021, in occasione dell’uscita del film nelle nostre sale. Il manga, che ha le linee morbide e precise di Nao Emoto (“Savage Season”, “Forget me not”), è chiaramente rivolto a un pubblico più giovane: per questo si rivela meno aspro dell’originale nella caratterizzazione dei suoi protagonisti ed è ambientato in un’epoca più recente.

Siamo a Osaka, nel 2010. Tsuneo ha appena finito i corsi all’università e vive l’estate dei suoi ventidue anni lavorando sodo per realizzare il sogno di continuare i suoi studi in Messico. A causa di un incidente fortuito incontrerà sulla sua strada Kumiko, ragazza costretta in sedie a rotelle, e ne diventerà il badante. Kumiko, che preferisce farsi chiamare Josée, è schiva e scontrosa, chiusa in sè stessa al punto da risultare inizialmente insopportabile e antipatica al giovane Tsuneo. Il ragazzo però capirà presto che dietro la scorza dura di Josée si nascondono le fragilità di chi vorrebbe esplorare ciò che c’è fuori dalle mura di casa, ma ha troppa paura di rimanerne ferito. Il punto di vista di Josée è reso alla perfezione, specie quando esplicita la sua paura più grande nel simbolo di una tigre: la ferocia e la prepotenza di un mondo di persone tanto “abili” da essere insensibili e cieche dinanzi al suo diritto di essere trattata con dignità e rispetto. Eppure, la Tanabe non si ferma a questo tema, ma lo rappresenta come un ostacolo tra tanti: basti pensare al bisogno di soldi di Tsuneo, che per rincorrere il suo obiettivo sacrifica ogni occasione di svago, accettando la prima occasione di lavoro extra che gli si para davanti. La sua gioia quando vince la borsa di studio riflette quella di tanti studenti pieni di ambizione e talento ma fortemente limitati dalle possibilità economiche.

Alcune scene suggestive, dipinte con maestria dalla Emoto, trasmettono un senso di meraviglia, di libertà, di voglia di spiccare il volo. Vi si accompagnano linee di dialogo davvero intense e vibranti:

Basta chiamarmi Josée” dice ad esempio Kumiko a un certo punto della storia. Quel nome che si è scelta, pescandolo da un romanzo di Francoise Sagan, rappresenta un bisogno di autodeterminazione che va oltre la sua condizione fisica. Rinunciarci è una forma di autodistruzione.

ho trovato un impiego… un lavoro d’ufficio.”

ma allora perché hai buttato via i tuoi quadri?!

NON CI ARRIVO!! (…) Non ci sono mai arrivata. Al palloncino rosso incastrato sotto il tetto. Al guscio vuoto di cicala sull’albero. Ad aprire un ombrello a pois, per poi mettermi a camminare sotto la pioggia. A salire di corsa le scale di un tempio. A niente. E ora mi sono stancata di provarci… Non voglio più tendere la mano verso nient’altro”.

Sia Josée che Tsuneo hanno occasione di mollare, di rinunciare alla lotta quotidiana quando si trovano davanti a muri apparentemente insormontabili e tutto sembra remare loro contro, ma nel momento in cui ogni cosa sembra perduta trovano delle ancore l’uno nell’altra.

Josée, la tigre e i pesci” è una storia per sognatori, per artisti e romantici, per chi lotta e per chi resiste nonostante tutto, per chi è in cerca di incoraggiamento e di bellezza, per chi ha già amato opere come “Your Name” o “A Silent Voice”, e anche per chi magari sta scoprendo ora il variopinto mondo dei manga, che potete prendere a prestito presso la Biblioteca dei Ragazzi di Treviso … 

In tutti questi casi, buona lettura!

Angela Siracusa

Visita il blog “Lovingbooks” per scoprire molte altre recensioni e contenuti legati al mondo dei libri
Facebook
Instagram

Previous article“La coperta è corta” di Petra Zanella
Next articleDue anni di pandemia visti dalle “Scienze Umane”

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here