Sembra un mantra che, troppo spesso, è ricorso in questo ultimo anno abbondante. Ma non possiamo fare finta di niente, non possiamo pensare che in una situazione straordinaria non si debba ricorrere a soluzioni straordinarie.
Dal marzo del 2020 la scuola, come la vita, italiana ha subito una modifica tanto profonda che è impossibile pensare realmente che essa possa essere spazzata via in un istante. Siamo alle porte del secondo Esame di Stato, la tanto temuta Maturità, che porterà un vestito che non gli confà. Non è un nostalgico confronto con i tempi passati, non è una lamentela, non è una protesta. È la semplice, naturale ed inevitabile constatazione che, anche quest’anno, un esame così proposto non sarà la conclusione “giusta” per un periodo di studi e di vita tanto importante nella crescita dei ragazzi, gli adulti che saranno domani.
Non è “giusta” per i docenti, perché vedono ridotto ad un simbolo estremamente parziale il lavoro duro di uno o più anni. Non è “giusta” per la scuola, scrigno di risorse, cultura, formazione, che si vede privata di una verifica seria ed attenta di ciò che i ragazzi hanno maturato negli anni superiori.
Non è “giusta” per gli studenti che, aldilà di una maggiore serenità nell’affrontare la prova, non vedranno premiati gli sforzi dei loro studi. Che soddisfazione può dare un colloquio di meno di un’ora, basato su un elaborato prodotto dai ragazzi stessi, rispetto a cinque anni di studio? Che cosa riceveranno da questa esperienza i ragazzi? Molto poco, di certo infinitamente meno di quanto avrebbero dovuto e meritato.
A Settembre la stragrande maggioranza degli italiani sarà vaccinata. Il mio augurio è che, insieme all’economia e alla vita di ogni giorno, possa ripartire una scuola Vera, dalle risate fuori dal cancello prima di entrare ai passi diretti a casa dopo cinque ore passate tra i banchi.
E tra quei due momenti l’aula, in presenza, perché quella è la scuola che tutti vogliamo. Buon (pseudo) esame a tutti, ragazzi.
Andrea Delìa
Direttore Centro Studi Paideia