Bambini di Aquileia

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NARRATIVA STORICA TREDIECI

Ricordiamo un’autrice affezionata

Vi ricordate dell’autrice Annamaria Breccia Cipolat?

Nata a Venezia, ha vissuto a lungo in provincia di Pordenone dove ha esercitato ruoli sociali importanti; innamorata della cultura locale, ambientava i suoi romanzi nelle zone del Nordest tra Veneto e Friuli e ha scritto alcuni dei primi libri storici della nostra collana. Appassionata di storia e di arte era un autentico ciclone nel proporre nuovi argomenti, storie originali, incontri con le scuole, rapporti con enti culturali, locali, politici… Una quantità di proposte e invenzioni cui l’editore faticava a star dietro.

Il primo libro che l’autrice Cipolat ha scritto per Tredieci si chiamava “I due castelli” e prendeva spunto dal castello di San Salvador nel Coneglianese. Il testo raccontava di un’immaginaria guerra locale tra due feudatari, e ha avuto un’accoglienza davvero entusiastica presso le scuole e le biblioteche. Un po’ l’argomento (la magia che circonda il mondo fatato dei castelli medioevali) ma soprattutto la grazia con cui l’autrice sapeva presentare i personaggi, unita a uno stile delizioso, avevano fatto di quel libro un vero Best Seller nella narrativa per ragazzi.

Poi i programmi scolastici hanno escluso il medioevo dai periodi da trattare nella scuola elementare e, poco a poco, quel prezioso testo è scivolato nel dimenticatoio.

Annamaria ha comunque continuato a produrre testi di ambientazione storica legati a periodi attualmente studiati nella scuola primaria. Tra questi “Bambini di Aquileia” ambientato nella “nostra” Aquileia romana, può sicuramente annoverarsi tra i più interessanti della collana.

Tra i protagonisti ci sono un adulto e un bambino in condizione di schiavitù: è davvero commovente percepire la delicatezza con cui questi personaggi vengono inseriti nel racconto e il ruolo di protagonisti che esercitano.

Sottolineo questo fatto per evidenziare l’attualità e la modernità di questo testo scritto più di trent’anni fa e che ha tutte le caratteristiche per essere definito un “classico”.

Oggi, giustamente, una parola magica, INCLUSIONE, accompagna tutti i testi che vengono presentati nelle scuole. Questo libro risale agli anni 90, ben prima che questo argomento diventasse così pedagogicamente importante e si dimostra ampiamente anticipatore.

BAMBINI DI AQUILEIA

I protagonisti del racconto vivono, al tempo dell’antica Roma, nei dintorni di Aquileia, splendida città romana ricca di maestosi edifici e sede di intensi traffici.

Sono ragazzi che, come quelli d’oggi, giocano, studiano, fanno i capricci, hanno dei segreti…

A loro si unirà un piccolo schiavo sulla cui vera identità saranno gli amici a far luce.

La loro vita diventerà più movimentata quando saranno coinvolti nella cura di quattro bellissimi cavalli che un misterioso personaggio allena per far correre nell’ippodromo in una gara che offrirà ai ragazzi intense emozioni.

La loro amicizia sarà rinsaldata dalle avventure che correranno insieme svelando misteri e sventando pericoli, sempre con l’aiuto del loro amato cane. Un’amicizia che durerà tutta la vita.

Un estratto

L’ACQUISTO DI DUE SCHIAVI

Come splendeva il sole di prima estate sulla piana di Aquileia! Caio Terenzio, un veterano dell’esercito che insieme al vecchio padre mandava avanti una grande fattoria nei dintorni, si trovava quel giorno in città insieme i suoi figli: Domitilla, Fulvio e Valeria. Dopo aver sistemato il carro in un recinto, i quattro si erano avviati lungo le belle vie porticate dove ci si poteva incontrare all’aperto per tutto il tempo dell’anno.

Il lastrico delle vie era segnato dai solchi delle ruote dei carri. Per facilitare il passaggio pedonale le strade erano attraversate, ogni tanto, da pietre rialzate che avevano anche il compito di rallentare il traffico. Cuore della città era il Foro, luogo dove tutti convenivano. Vi si tenevano dibattiti, discussioni giuridiche, contrattazioni d’affari, incontri religiosi. Anche quel giorno il Foro era gremito non solo di residenti, ma anche di gente venuta dai dintorni, di persone di passaggio e di militi che gettavano occhiate incuriosite sull’invitante quantità di merce che il mercato offriva.

Erano arrivati nella zona dove, su un vasto spiazzo, si stendeva il grande mercato per cui Aquileia era famosa. Nel mondo antico, era pratica consolidata e ampiamente usata ricorrere all’opera degli schiavi, il cui lavoro era la componente essenziale dell’economia. Gli schiavi erano per lo più prigionieri di guerra, oppure figli di schiavi.

Quel giorno il mercato degli schiavi di Aquileia era molto ricco di offerte. Dal Norico, alcune zone del quale erano state da poco conquistate, era giunto un contingente di soggetti che, per la loro prestanza fisica, attiravano l’interesse dei compratori. In modo particolare, le contrattazioni avevano assunto un tono concitato quando era stato messo in vendita un uomo gigantesco, del quale il mercante magnificava le doti non solo di robustezza ma anche di abilità nel lavorare il ferro.

Caio Terenzio si era fermato interessato. Ecco l’elemento che cercava per i bisogni della fattoria. Nelle officine poi, un fabbro sarebbe stato utilissimo.

Il prezzo richiesto, anche se alto, era adeguato al valore dell’uomo e pertanto si dispose all’acquisto. Ma, mentre stava per concludere, il venditore, cominciò a dire: «Nobile signore, mi congratulo con voi per la scelta, il soggetto è quanto mai valido, in buona salute e robustissimo ma… ci sarebbe un problema. Vi devo dire che insieme a lui… dovreste prendere anche questo giovinetto…» così dicendo spinse avanti un biondo ed esile ragazzetto. «Il gigante all’idea di separarsi da lui, si mette in pericolose smanie minacciando non solo di uccidere ma anche di uccidersi. Con la forza erculea che ha, sarebbe capace di tutto.»

E lui, insisteva il venditore, non voleva che quella merce pregiata venisse danneggiata. Il ragazzo, del resto, era grazioso, sapeva suonare il flauto. Era disposto a cederlo a buon prezzo.

I ragazzi che avevano assistito a tutta la contrattazione, si sentirono stranamente attratti dal piccolo schiavo biondo. Valeria fece abbassare il padre al suo livello e si mise a perorarne l’acquisto.

«Compralo, padre, noi non ti chiederemo più regali, vero?» disse rivolta ai fratelli. «Non vogliamo più niente, io non voglio più giocattoli. Dai, padre, compralo.»

Anche gli altri due si erano messi ad insistere: «Sarà utile alla fattoria, potrà pascolare le oche, magari ci insegnerà a suonare il flauto».

Caio Terenzio non aveva certo bisogno di uno schiavo giovane e delicato, inabile a lavori pesanti ma alla fine si fece convincere e, dopo una lunga contrattazione, l’acquisto del gigante e del ragazzino venne concluso.

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