
Intervista allo scrittore Niccolò Maddalon

Proponiamo ai lettori de “la Salamandra” un’intervista a un esordiente e prolifico autore trevigiano (ma in realtà già attivo da molto tempo, come vedremo), che ha sfornato nel corso del 2024 ben quattro (quattro!) antologie: tre raccolte di esplosivi racconti fantascientifici e una dedicata al drammatico, controverso e ancora oggi intrigante tema della Guerra del Vietnam.
Parliamo di Niccolò Ernesto Maddalon, classe 1985, grande cultore del cinema “di genere” italiano e internazionale e del vasto universo fumettistico, attento conoscitore della cultura statunitense, saggista su vari siti web, nonché saltuario collaboratore della nostra rivista con un bel saggio breve sulla vita e l’opera del grande autore fantasy Robert E. Howard, pubblicato sul numero di dicembre 2022 (e, in tutto ciò, amico e collaboratore di vecchissima data dello scrivente).
Grazie alle comode possibilità di auto-pubblicazione offerte dal sito KDP, Niccolò ha recentemente dato alle stampe le prime raccolte tratte della sua vastissima produzione narrativa, attualmente disponibili su Amazon in formato cartaceo e “Kindle”.
Se amate gli oscuri panorami avveniristici della fantascienza meno consolatoria (ma non priva di lati grotteschi e umoristici), siamo certi che nelle pagine delle storie di Maddalon, iperboliche sin dai titoli, troverete pane per i vostri denti.
Le antologie tra galassie lontane e guerre recenti
Buongiorno Nick e benvenuto sulle pagine de “la Salamandra”. Vuoi introdurci alle tue opere narrative Entropiche Distopie Siderali, CiberneticApocalisse Remota Ventura, Un Gruppo Locale in Rosa e Mekong Cowboys?
Buongiorno a tutti. Nel caso di Entropiche Distopie Siderali, ovvero la mia opera prima, della seguente mini-antologia dalle tematiche “cyberpunk” intitolata CiberneticApocalisse Remota Ventura e della antologia fantascienza al femminile Un Gruppo Locale in Rosa si tratta di tre raccolte di fantascienza distopica collegate fra loro dal medesimo contesto, vale a dire un lontanissimo futuro collocato tra l’Anno Galattico Standard 8000 e il 9000, in cui un’umanità soggiogata da un regime interstellare, l’Unione Galattica, ha colonizzato gran parte del cosiddetto Gruppo Locale [espressione con cui si intende, in astronomia, l’insieme di galassie relativamente vicine alla nostra, N. d. A.], ed è particolarmente attiva nella Galassia di Andromeda. In questo scenario intergalattico, si muovono varie realtà e (sub)culture che formatesi in questo lontano e cupo avvenire. Si va, per esempio, dagli emissari governativi dell’Unione e del Protettorato del Commercio come gli spietati Delegati o i brutali Revocatori, a esseri umani artificiali creati per finalità belliche detti Sinteticantropi, fino ai rozzi alieni umanoidi oriundi del sistema di Koonz II. Quest’ultimo, specifichiamo per dovere di cronaca, un pianeta da te ideato e citato nel tuo racconto Il corrispondente (pubblicato sul numero 9 di Dimensione Cosmica. Rivista di letteratura dell’Immaginario, uscito nell’inverno 2020), al quale le mie storie si riallacciano per alcuni riferimenti spazio-temporali…
Eh già, confermo! Aggiungiamo che è farina del mio sacco anche l’idea dell’Unione Galattica (cupa parodia fantascientifica della nostra, purtroppo, attuale e concreta Unione Europea), che tu hai comunque sviluppato e ampliato in questi racconti…
Già, per il resto ho appunto cercato di rielaborare a modo mio i più svariati stereotipi della fantascienza contemporanea. Discorso differente per Mekong Cowboys, in cui si torna sulla Terra degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, in piena Guerra del Vietnam. Si tratta di una serie di storie brevi nelle quali la “Sporca Guerra” viene vissuta e narrata da più punti di vista, come se fosse un’estensione storicamente più recente della conquista del selvaggio Far West, con i Marines statunitensi anziché i pistoleri e i guerriglieri Viet Cong a ricoprire il ruolo dei Nativi Americani.
Dalla scrittura adolescenziale ai racconti maturi
Considerando che i tuoi numerosi racconti spaziano dal genere fantascientifico-distopico a quello storico-bellico, da quanto tempo coltivi la passione per questi generi narrativi (e cinematografici)?
Da molto! Ho cominciato a scrivere narrativa attorno ai 16-17 anni con racconti dalle trame elementari e abbastanza banali, andati purtroppo perduti con il guasto del computer portatile che li conteneva… Si trattava per lo più di imitazioni all’italiana di James Bond combinate con (troppe) ore passate a fantasticare sugli episodi dell’A-Team che all’epoca davano in replica alla televisione.
Andò a finire che mi stancai pure io di tutte quelle baracconate dove sembrava che spari ed esplosioni fossero divertenti e sufficienti a costituire una trama! I miei racconti più recenti, presentati in queste nuove antologie, si basano su mie riflessioni personali e scambi di idee con amici e, a dirla tutta, anche ex fidanzate… soprattutto, come è intuibile, nel caso di Un gruppo locale in rosa. Come spesso accade, certi episodi e sotto-trame di queste storie sono riadattamenti romanzati di eventi realmente accaduti, al sottoscritto e/o ad altre persone.
Mekong Cowboys: la guerra del Vietnam tra storia e grottesco
In particolare, i racconti di Mekong Cowboys si riallacciano al filone cinematografico bellico/drammatico dei “Vietnam movies” (da Apocalypse Now a Il cacciatore, da Full Metal Jacket a Vittime di guerra) però rielaborato in una chiave quasi grottesca. Vuoi raccontarci la genesi di questa antologia?
Be’, intanto ringrazio innanzitutto Sylvester Stallone per aver traviato i cuori e le menti dei giovani di mezzo mondo con la sua saga di Rambo (ride). In effetti, nutro da sempre un vivo interesse per tutto quel che concerne la guerra, ma in particolare la Seconda Guerra Mondiale, quella di Corea e, appunto, quella del Vietnam. Ammetto che a circa 15 anni mi lasciai crescere una folta zazzera che mi faceva sembrare più un hippy o un motociclista del dopo-bomba [Già, in un’epoca ormai lontana passata a bazzicare insieme la libreria “Sottomondo”, la fumetteria del grande e compianto Massimo Bragaggia e a immergerci nei film horror di John Carpenter, rigorosamente in VHS, con devozione para-religiosa … ! N. d. A.], e tuttavia mi sono sempre identificato di più con Arnold Schwarzenegger ed il suo Conan il Barbaro! Scherzi a parte, oltre a vari film sul Vietnam, e in particolare i capolavori che hai citato, sempre nei miei anni adolescenziali scoprii i fumetti Marvel del Punitore (The Punisher), ideato negli anni Settanta da Gerry Conway, John Romita e Ross Andru. L’idea che un ex reduce del Vietnam potesse diventare un giustiziere seriale spietato e glaciale mi diede la forza di darmi una tosata ai capelli e di documentarmi più a fondo sulla storia dei veterani traumatizzati. Sottolineo inoltre che, contrariamente al Rambo dell’omonimo romanzo del 1972, scritto da David Morrell, la versione di Stallone ha per così dire “ingannato” parte della nostra generazione e delle successive, dando l’idea che un soldato scelto rinnegato dalla propria Nazione avesse un futuro come paladino degli USA auto-eletti salvatori del globo… Questi modelli cinematografici, narrativi e fumettistici sono confluiti nei racconti di Mekong Cowboys, dove non ci sono “buoni” o “cattivi”, “colpevoli” o “innocenti”: in guerra si è tutti santi e peccatori, vincitori e vinti in equa misura. E questo, fermo restando che purtroppo il prezzo da pagare è sempre sofferenza e distruzione, come possiamo vedere nei notiziari ancora oggi…
Un linguaggio tra fumetto, cinema e romanzo
Hai citato i fumetti del Punitore. Nei tuoi racconti si avverte chiaramente una forte influenza del linguaggio fumettistico, oltre che cinematografico… Sei d’accordo?
Non ne ho mai fatto mistero che i miei due più grandi passatempi siano la fruizione di fumetti e di cinema, oltre che di libri. Concordo: molto del mio linguaggio narrativo e meta-narrativo è basato non solo su onomatopee, ma anche su dettagliate descrizioni sonore e sensoriali di vario tipo.
Distopia umoristica e ispirazioni letterarie
Come abbiamo visto, sei a tuo agio anche nel sottogenere fantascientifico-distopico, per quanto impregnato di umorismo caustico, come dimostrano le tue prime raccolte di racconti. […] Quali nomi ti senti di citare fra le tue influenze in questo ambito?
Proprio come Douglas Adams, è mia opinione che la fantascienza possa tranquillamente coniugarsi con l’umorismo grottesco più cinico e impietoso. Se poi si pensa bene di insegnare ai robot a sovvertire le proprie leggi asimoviane di funzionamento all’insegna della dissolutezza nichilista di Bukowski, ben venga (ride). Oltre a questi tre scrittori da te citati, ho sempre tratto ispirazione dagli altri grandi del Fantastico e dell’Insolito novecentesco, come Joe R. Lansdale, Stephen King, J. G. Ballard, Richard Matheson, Ray Bradbury, H. P. Lovecraft, R. E. Howard e Philip K. Dick. Aggiungerei poi due grandi nomi italiani, ovvero lo scienziato e futurologo Roberto Vacca (celebre per Il Medioevo prossimo venturo) e Primo Levi, che oltre ai noti testi sulla sua esperienza nei lager nazisti, fu autore di una lunga serie di notevoli racconti fantascientifici (raccolti nelle antologie Il sistema periodico, Lilìt e altri racconti, Futuro anteriore), che spaziano dalla variazione distopica a quella, appunto, umoristica.
La raccolta Un Gruppo Locale in Rosa tocca invece tematiche attuali legate alle problematiche femminili, che tu trasponi nel poco edificante futuro remoto di cui sopra…
Esatto. Si va da storie di casalinghe vessate dai propri rudi mariti disoccupati, a coriacee neo-gladiatrici in lotta contro il corrotto sistema governativo che regola le partite di palla ovale chiodata (un crudele sport interplanetario), fino a solitarie guerriere destinate a divenire loro malgrado un simbolo di rivolta contro chi sfrutta i coltivatori della terra come bestie da soma. Ma vi sono anche sicarie bioniche che prendono a cuore la causa dei loro obiettivi da neutralizzare, o giovani sbandate dai bassifondi delle megalopoli smaniose di darsi ad una scalata sociale nel mondo del crimine organizzato interplanetario… Che siano sensibili o aride, rozze o istruite, di bassa estrazione sociale o inserite a vari livelli di una politica galattica sempre più corrotta, le varie signore e signorine da me descritte in Un Gruppo Locale in Rosa sono lontane (è il caso di dirlo, no?) anni-luce dalle classiche principesse disneyane. Queste fanciulle vittime di troppi 8 marzo mancati, se si vedono costrette a toccare il fondo o a soccombere, sono pronte a portarsi quanti più maschi prevaricatori con sé!
Grazie della disponibilità, Niccolò. Ti lascio lo spazio per salutare i lettori de “la Salamandra” e per darci un’eventuale anteprima su cosa possiamo aspettarci dalle tue prossime opere in cantiere…
In cantiere ho, ovviamente, una nuova raccolta di racconti poco rassicuranti! In questo caso sarà profonda l’ispirazione lovecraftiana, ma anche di autori come il mio illustre omonimo Niccolò Ammaniti… Seguite il mio profilo KDP per ogni aggiornamento di tipo … maddaloniano!
Jari Padoan