Patrick Zaki a colloquio con gli studenti del Planck

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L’incontro con l’attivista egiziano: una lezione sul valore della libertà

Conoscere, uscire dall’indifferenza, vigilare sulla libertà. Patrick Zaki, attivista per i diritti e prigioniero politico in Egitto per quasi due anni tra il 2020 e il 2021, ha fatto una lezione insolita agli studenti dell’istituto Max Planck. Soprattutto ha parlato di libertà. Condizione umana non garantita anche nell’epoca contemporanea, anche negli stati europei. “Ti rendi conto quanto preziosa sia la libertà – dice – nel momento stesso in cui te la tolgono”.

L’incontro con gli studenti del Planck

Circa 300 studenti delle classi quarte e quinte del Liceo delle Scienze applicate e dell’Itis hanno partecipato con interesse lunedì 10 febbraio 2025 all’incontro con Zaki dopo avere letto il suo libro “Sogni e illusioni di libertà. La mia storia” (edizioni La nave di Teseo), nell’ambito del Progetto lettura di istituto. Nel pomeriggio invece le classi terze hanno incontrato con Zaki anche la giornalista Laura Cappon.

Le domande degli studenti: dalla detenzione all’attualità

Numerose e varie le domande che hanno spaziato dall’esperienza personale di Zaki all’attualità. I ragazzi hanno voluto sapere delle torture fisiche e piscologiche, di come si fa a sopravvivere durante una lunga detenzione in condizioni dure, senza servizi igienici sufficienti, senza confort. Ma hanno voluto parlare anche dei rapporti tra Italia ed Egitto, della libertà di informazione non sempre garantita, soprattutto in alcuni regimi, ricordando il caso di Cecilia Sala, della libertà di manifestazione al centro della cronaca degli ultimi mesi. “Dobbiamo vigilare anche in Europa – ha detto Zaki facendo riferimento alle manifestazioni pro-palestinesi abitanti della Striscia di Gaza – non sempre manifestare è garantito. Eppure è un diritto fondamentale, riconosciuto da tutte le carte dei diritti”.

Riflessioni sui casi di attualità e diritti umani

L’interesse degli studenti è andato poi ai fatti di cronaca: il caso Almasri, il generale libico condannato alla corte dell’Aia per violenze nei centri di detezione per migranti e riaccompagnato in Libia, la definizione di “Paese sicuro” data a determinati Paesi tra cui l’Egitto. Zaki, che ora è ricercatore all’università di Pisa, ha invitato a guardare il sito di Amnesty International e a cliccare a favore dei numerosi prigionieri da anni in carcere anche solo per un post o un articolo critico nei confronti del regime. “Il peso dell’opinione pubblica conta” ha sottolineato Zaki che anche nel libro racconta come la sua presenza in carcere fosse diventata scomoda proprio perché il suo nome era oggetto di una campagna internazionale partita dall’università di Bologna ed estesasi a tutta Europa.

La vita in carcere e l’importanza della scrittura

“In carcere – ha raccontato Zaki – era difficile sapere cosa succedeva all’esterno. Solo dopo molte insistenze è stato possibile leggere i giornali”. Nel libro Zaki racconta delle radio e dei cellulari clandestini, ma anche del cibo che i parenti riuscivano a portare e poi della comunicazione scrivendo su confezioni di merendine o lattine. Anche scrivere è stato importante. “Sono riuscito a registrare parole chiave ed eventi – ha spiegato Zaki – che ho poi utilizzato e raccontato nel libro per far sentire a ciascun lettore quello che provavo”.

La storia di detenzione di Patrick Zaki

Zaki, egiziano copto, trasferitosi in Italia per frequentare un master su “Storie di genere”, è stato fermato all’aeroporto di Il Cairo il 7 febbraio, dove era tornato per salutare la famiglia. “Sono scomparso – racconta Zaki – dalle cinque del 7 febbraio a mezzogiorno dell’8 febbraio 2020. In questa fase di sparizione, nessuno sa dove sei, nessuno può prendere le tue difese, nessuno sa cosa ti stanno facendo, sei completamente in mano loro, senza diritti. Per questo è la fase più pericolosa. Se sei scomparso non esisti. Nessuno può essere incolpato per quello che ti succede, perché semplicemente non ci sei e non si sa dove sei. Tu intanto, che sei lì, ti chiedi se ti faranno scomparire, cioè per sempre”. Poi la detenzione preventiva nelle carceri egiziane è durata 19 mesi fino alla detenzione vigilata. Infine il 18 luglio 2023 è arrivata la condanna a tre anni di carcere per aver pubblicato un articolo in difesa dei copti contro lo stato egiziano. “La grazia sarebbe arrivata il giorno dopo ma nessuno lo sapeva. Ora – scrive Zaki – grazie alla mia esperienza ho ottenuto una risonanza che rende la mia voce più forte. Le mie battaglie per i diritti umani possono avere più ascolto, le mie denunce possono arrivare più lontano”. Alcuni ragazzi hanno chiesto alla fine a Patrick Zaki quali sono le professioni oggi nell’ambito di organizzazioni o istituzioni che si occupano di vigilare e garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

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