Un ingegnere informatico al Duca degli Abruzzi

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Il Dott. Soligo, ex studente del liceo, si racconta agli studenti

Sabato 28 maggio il dott. Lorenzo Soligo, brillante ex studente del liceo Duca degli Abruzzi, ora ingegnere informatico, ha incontrato gli studenti nell’aula magna della sede centrale dell’Istituto. L’intervento ha avuto come temi: internet, sistemi distribuiti, cloud-provider, kubernetes, ed è stato seguito in presenza e in streaming da studenti di vari indirizzi.

Lo ha intervistato per “la Salamandra” Sofia Elisa Cecchetto, studentessa del Duca degli Abruzzi.

Qual è stato il tuo percorso di studi e cosa ti ha portato a scegliere di specializzarti in campo informatico? 

Il caso ha voluto che fossi parte del primo anno “post-riforma”, che mi ha permesso di iscrivermi all’opzione “scienze applicate” del liceo scientifico. Ho scelto di studiare informatica per la grande versatilità della disciplina, che mi consente di lavorare in praticamente qualsiasi settore industriale e dei servizi, e per la possibilità di creare qualcosa di mio in qualsiasi parte del mondo io mi trovi. More on this later 🙂

Il più bel ricordo del liceo?

Sicuramente le varie malefatte con i compagni! Eravamo un gruppo di menti criminali niente male.

Ritieni che il tuo percorso possa essere d’ispirazione per i giovani d’oggi? Richiede determinate capacità?

Non credo di poter essere d’ispirazione per nessuno, anzi, tornando indietro mi direi di studiare meno e pensare di più a hobby e sport. Nel complesso credo che l’informatica sia molto più semplice di quanto la maggior parte delle persone creda, dato che l’unica caratteristica necessaria per eccellere è avere la testardaggine di dire “non mi stacco dal computer fino a quando non ho finito”. Che si tratti di capire qualche argomento ostico, risolvere un bug nel codice, o semplicemente “far riuscire” un esercizio, l’impegno è sempre l’unica vera capacità richiesta,  nell’informatica così come in ogni ambito.

Quali sono i 3 pilastri della tua carriera?

Sicuramente il primo è l’impegno, che mi ha spinto a svolgere vari lavori, nonostante fossi uno studente full-time, per cercare di plasmare la mia futura carriera e imparare il più possibile. In vari campi il “learning by doing” è inevitabile, e nell’informatica ne abbiamo una dimostrazione tangibile a livello globale. Numerosi professionisti eccezionali hanno imparato autonomamente più di quanto abbia imparato io in 5 anni di triennale e magistrale.

Il secondo è l’insieme delle persone a me vicine, che mi migliorano ogni giorno umanamente e professionalmente. Da un lato, famiglia e amici mi permettono di tenere a mente il mondo che mi circonda e provare a salvarlo; dall’altro, colleghi da tutto il mondo mi fanno vedere la realtà tramite i loro occhi e condividono con me la loro cultura e la loro conoscenza.

Il terzo è sicuramente un pizzico di fortuna. Credo sia fondamentale riconoscere la fortuna di essere nato in un certo contesto, avere potuto studiare, e così via. Detto questo, nella vita è anche importante saper creare la propria fortuna, cogliere occasioni, rischiare e perseverare. Senza questi fattori credo sia impossibile “fare carriera” in una realtà liquida come la nostra.

L’informatica garantisce lavoro per il futuro? Può essere vista come un “trampolino di lancio” anche nella ricerca di un impiego all’estero? 

“Garantire” è una parola forte, soprattutto in un periodo storico che sta vedendo la bolla tech lentamente sgonfiarsi. Ora come ora in tutto il mondo c’è carenza di professionisti IT, ma non credo che questi numeri possano fare da garanzia. Sicuramente, ad oggi ritengo impensabile ottenere una formazione superiore senza conoscenze almeno minime di “computer science”, in quanto ormai endemica e parte anche di settori tradizionalmente “classici” come la letteratura, la psicologia e l’arte. Nel complesso, credo che “riuscire ad arrangiarsi” con l’informatica sia un valore aggiunto trasversale alla carriera scelta, e sia utile davvero in ogni ambito lavorativo. In soldoni: non sono sicuro che studiando informatica troverete il lavoro dei sogni, ma sono abbastanza confidente che troverete qualcosa di interessante.

Per quanto riguarda l’estero, direi assolutamente di sì: personalmente lavoro per un’azienda tedesca full-remote, che significa che parlo quotidianamente con colleghi sparsi in giro per il mondo e posso lavorare da (quasi) qualsiasi posto io desideri. Alcuni colleghi hanno scelto di essere digital nomads, e ogni 2-3 mesi cambiano città o nazione di residenza. In questo momento una collega è a Fuerteventura, una in un paesino sull’oceano in Portogallo, un collega a Bangkok.

Qual è stata la maggior soddisfazione che hai avuto nel tuo percorso di studio e lavoro?

Nel percorso di studi direi che siano state due: l’apprezzamento di studenti, tutti più “anziani” di me, iscritti ad un Master per il quale facevo il tutor e il completamento con successo del Google Summer of Code mentre lavoravo alla mia tesi triennale.

Nel lavoro, sicuramente lavorare in un’azienda futuristica e “poco italiana”. La consapevolezza di poter contare su persone che lavorano per farti stare bene, si impegnano ad organizzare eventi raccogliendo persone da ogni parte del pianeta, e mettono la salute e la felicità dei dipendenti e dei loro cari al primo posto è quasi irreale in confronto alle realtà che viviamo quotidianamente. E fare una settimana in villa a Maiorca come attività di team building non è male come benefit 🙂

Oltre che da un aspetto di studi o lavorativo, l’informatica può aiutarci anche nella vita di tutti i giorni? Ci porta a sviluppare capacità di problem-solving?

L’informatica può aiutarci nella vita di tutti i giorni e credo che sia forse il suo fine più utile per la società in generale. Scrivere un programma ci obbliga a strutturare i nostri pensieri, studiare i pro ed i contro delle scelte che prendiamo, ma soprattutto a capire che non sempre la soluzione “giusta” è giusta per tutti, dipende tutto dal peso che diamo alle varie parti in gioco. Tutto sommato potremmo dire che l’informatica sia “logica applicata”, ed in quanto tale credo che uno studio sensato della materia possa essere molto utile. Purtroppo il nostro sistema scolastico ci fa studiare troppi concetti astratti o linguaggi obsoleti pressoché inutili per ragazzi delle medie/superiori, mentre si dovrebbe concentrare sullo sviluppo del pensiero algoritmico, del pensiero sistemico, e della creatività. Non mi dispiacerebbe diventare professore tra qualche anno, vedremo come andrà!

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