Posizione ON: attenzione ai segnali di controllo

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Negli ultimi anni, complice l’uso sempre più diffuso dello smartphone e le numerose opportunità che i nostri dispositivi ci offrono, molti comportamenti di controllo nelle relazioni stanno diventando qualcosa che appare “normale” o addirittura “romantico”. Una delle pratiche più comuni è la condivisione della posizione in tempo reale, tramite app di messaggistica o strumenti di geolocalizzazione.

All’inizio può sembrare un gesto di trasparenza o di premura verso l’altro: “Se ci vogliamo bene, non abbiamo nulla da nasconderci”.

Alcuni ragazzi e ragazze condividono la posizione per sentirsi più vicini, per rassicurarsi o per gestire l’ansia. Tuttavia, ciò che parte come un gesto spontaneo, condiviso e ben visto anche dal gruppo di amici, in alcune relazioni può trasformarsi in un meccanismo di controllo costante, diventando quindi un problema.

Come accade in tutte le situazioni problematiche, anche in questo caso ci sono dei veri e propri campanelli d’allarme che indicano quando qualcosa non funziona più in modo sereno:

  • la condivisione della posizione non è più una libera scelta, ma un requisito per evitare sospetti o litigi;
  • non è reciproca: uno dei due controlla continuamente l’altro, chiedendo spiegazioni per ogni spostamento o ritardo;
  • la geolocalizzazione viene usata per limitare la libertà: “Non andare lì”, “Non mi piace che ti incontri con quelle persone”, “Perché sei lì e non me l’hai detto?”;
  • ci si sente in colpa a disattivare la posizione per avere un po’ di privacy;
  • chi la richiede la giustifica come gesto di cura, lealtà o affetto: “Lo faccio perché ci tengo”, “Se non hai nulla da nascondere, non dovrebbe darti fastidio”.

In questi casi non si tratta più di un gesto d’affetto: è una forma di controllo, spesso la porta d’ingresso verso dinamiche più serie di violenza psicologica.

Nelle relazioni sane ciascuno mantiene i propri spazi, la propria libertà e i propri tempi. Avere fiducia significa non aver bisogno di monitorare l’altro, perché ci si sente sicuri del legame.

Il controllo, invece, nasce dalla paura, dalla gelosia, dal bisogno di avere potere sull’altra persona. Un partner che ti ama non ha bisogno di sapere in ogni momento dove sei: ha bisogno di sapere come stai, non dove stai.

Perché è così diffuso tra i giovani?

  • L’idea che la gelosia sia una prova d’amore.
  • Pressioni sociali e modelli di relazione distorti.
  • L’uso costante della tecnologia, che rende tutto immediato e “normale”.
  • Insicurezze personali e paura dell’abbandono.

Molti adolescenti non riconoscono questi comportamenti come segnali di rischio, proprio perché fanno ormai parte del linguaggio quotidiano delle relazioni.

Cosa si può fare?

  • Parlare apertamente di limiti e confini nelle relazioni.
  • Ricordare che la privacy non è un segreto: è un diritto.
  • Spegnere la geolocalizzazione non significa amare di meno: significa proteggere la propria libertà.
  • Chiedere aiuto se ci si sente controllati o se si ha paura di dire “no”.

Se tu, o qualcuno che conosci, vive una relazione in cui il controllo è costante, opprimente o fa stare male, puoi chiedere sostegno a un insegnante di fiducia, allo sportello psicologico scolastico o a un Centro Antiviolenza.

Chiedere aiuto significa parlare con qualcuno che può ascoltare senza giudicare.

Dott.ssa Federica Celante – Psicologa

Centro Antiviolenza Telefono Rosa Treviso, Via Roma n. 20 – Tel. 0422583022
telefonorosatreviso@libero.it
www.telefonorosatreviso.org

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