

Per affrontare le salite, le arrampicate e le discese dell’adolescenza c’è bisogno di portare sempre con sé una sorta di zaino bello zeppo e variopinto, con dentro tutti gli attrezzi utili a gestire le sfide quotidiane che il crescere impone, con una certa dose di serenità e spavalda certezza che tutto andrà bene o comunque che prima o poi questa fase …passerà.
Tra questi attrezzi troviamo le cosiddette “soft skills”, ovvero quelle competenze personali che riguardano il modo in cui riusciamo a stare in relazione con gli altri e interagire in maniera efficace. Esse sono trasversali a qualsiasi sfera della nostra vita privata, sociale, scolastica e anche lavorativa. Alcune persone sembrano essere nate già dotate di uno zaino ultramoderno, con dentro attrezzature sofisticate e all’avanguardia, mentre altri sembrano possedere zainetti rattoppati e scarni, con dentro strumenti arrugginiti o malandati.
Uno di questi strumenti è sicuramente la capacità di coltivare una sana autostima, abilità che ci protegge anche dal rischio di diventare vittime di persone violente, che cercano di dominare sugli altri ed esercitare il controllo attraverso la paura e la manipolazione.
L’autostima non è innata, cresce con noi e può, anzi deve, essere allenata e coltivata, affinché diventi la nostra bussola personale che ci permette di muoverci con consapevolezza nel mondo. Avere una sana autostima significa coltivare una positiva considerazione di se stessi, guardare con compassione e gentilezza alle proprie fragilità, mancanze e debolezze, saper valorizzare con coraggio e risolutezza i propri successi ed essere profondamente convinti che tutte le persone (noi in primis) hanno la stessa parità di valore e sono degne di stima incondizionata.
L’autostima viene nutrita principalmente da pensieri che si formano attraverso le esperienze di vita e i messaggi che genitori, insegnanti e amici ci trasmettono. Questi pensieri con il tempo diventano automatici e influenzano le nostre emozioni e convinzioni che nutriamo su noi stessi e guidano le nostre azioni, senza che li mettiamo mai più in discussione.
Allenarci a riconoscere i pensieri che generano emozioni spiacevoli e strutturano opinioni negative su noi stessi e ostacolano il raggiungimento di traguardi importanti è un buon primo passo per mettere le basi per una sana autostima. Siamo abituati a pensare che, siccome questi pensieri sono nella nostra testa, devono per forza essere veri: sta a noi invece scegliere a quali pensieri prestare attenzione e quali invece allontanare perché non ci fanno stare bene. Tanti credono che già nell’adolescenza dovremmo avere LE risposte: Chi sei tu? Cosa vuoi fare nella vita? Se non lo sai, va benissimo così.
Un esercizio molto semplice è quello di dividere un foglio a metà e scrivere cosa mi piace e cosa non mi piace, scegliendo di essere autentici e appassionati. Potrebbe sembrare un esercizio molto semplice, ma non lo è.
Quando poniamo questa domanda alle ragazze e alle donne che arrivano al Centro Antiviolenza Telefono Rosa di Treviso, che sono investite dalla spirale della violenza fisica ma anche psicologica, di fronte a questo semplice quesito si sentono smarrite, indecise su chi sono e cosa desiderano veramente per la propria vita e per se stesse. Passo dopo passo, esercitando il rispetto e la cura di sé, le risposte prendono forma e sostanza, e diventano solide certezze che sostengono cambiamenti importanti.
“Tu non vali”, “Tu non sei importante” sono frasi che minano profondamente l’autostima poiché non correggono un comportamento che non ci piace, ma sminuiscono l’intera persona.
Un semplice strumento per imparare a comunicare bene è la tecnica del “messaggio io”, da utilizzare quando il comportamento di una persona ci mette a disagio. Consiste nell’esplicitare i propri sentimenti relativamente a ciò che crea malessere, evitando di aggredire l’altro formulando accuse
pesanti nei suoi confronti.
La tecnica si articola in tre momenti:
– descrizione del comportamento che crea il problema, senza esprimere un giudizio (ad es.: “quando parli così ad alta voce…”);
– descrizione dell’effetto tangibile e concreto che il problema ha su chi parla (ad es. “…io non riesco a esprimere la mia opinione…”);
– descrizione degli effetti soggettivi del problema (ad es. “…e mi sento a disagio e arrabbiato”).
L’invito è dunque quello di esercitarsi tutti i giorni e più volte al giorno, ad accettarsi nei pregi e nei difetti, esplorare e ampliare la conoscenza di noi stessi, mettendosi alla prova, riconoscendo che anche e soprattutto i fallimenti sono necessari per migliorarci e che alla violenza c’è sempre un’alternativa.
Dott.ssa Antonella Ancona
Psicologa – Psicoterapeuta
Centro Antiviolenza Telefono Rosa di Treviso
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