In viaggio con Rete Progetto Pace

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Il racconto degli studenti

Interculturalità, solidarietà e memoria. Queste le tre parole chiave del viaggio a cui 50 studenti di diversi licei del Veneto hanno preso parte assieme a otto accompagnatori dal 24 al 30 Aprile 2025.
Partendo da Treviso i ragazzi hanno percorso in autobus 2100km attraversando 3 Paesi diversi: Bosnia, Serbia e Ungheria. Tre luoghi che sono stati palcoscenico di una guerra le cui ferite non si sono ancora rimarginate e che anche oggi insegnano che la vita, per quanto meravigliosa, può essere dura e dolorosa. Questi sono i Paesi della “rotta balcanica” attraversata dai migranti, è l’Ungheria di Viktor Orbán, è la Belgrado bloccata dalle proteste universitarie.

Cos’è Rete Progetto Pace: storia e missione

Il viaggio è stato organizzato da Rete Progetto Pace, una rete internazionale di scuole, enti e associazioni con l’obiettivo di promuovere la pace. Il progetto nasce nel 1990 e la Rete viene fondata ufficialmente nel 2004 presso l’Istituto Fabio Besta di Treviso; ad oggi l’organizzazione è affidata all’associazione di promozione sociale bNET creata per formalizzare l’impegno della Rete nel favorire una cultura di convivenza, solidarietà e diritti.
Negli anni l’associazione ha perseguito i suoi obiettivi con diverse iniziative tra cui i viaggi umanitari che portano i ragazzi delle scuole a impegnarsi in modo attivo per migliorare il mondo in cui vivono e, soprattutto, a imparare a conoscerlo, questo mondo, perché è solo acquisendo consapevolezza che si può instaurare un cambiamento e lottare contro le ingiustizie.

L’impegno degli studenti prima della partenza

Gli studenti, già prima di partire per la Bosnia, si sono impegnati attivamente. Infatti quest’esperienza non serviva solo ad accrescere la consapevolezza nei temi quali la migrazione e la guerra ma anche a portare aiuti concreti alle realtà più sensibili.
Sono stati proprio i ragazzi ad organizzare raccolte di fondi monetari e di beni materiali dando sfogo alla loro creatività e cercando di sensibilizzare le persone sui luoghi che sarebbero andati a visitare. Il gruppo del Duca degli Abruzzi, il più numeroso, ha, per esempio, preparato un workshop incentrato sulla rotta balcanica seguito da una cena etnica con piatti tipici.

Le tappe del viaggio: Bihac, Vares e Sarajevo

L’itinerario si è sviluppato in più tappe, prima fra tutti la città di Bihac, in Bosnia, dove il gruppo ha visitato il centro Jesuit Refugee Service (JRS) a cui ha consegnato già i primi aiuti. Un numero ristretto di ragazzi ha potuto inoltre visitare il campo profughi di Lipa e dare finalmente un volto e un nome a quei migranti di cui si sente spesso parlare ma che troppe volte vengono concepiti come un problema da risolvere e non come persone.
Dopo Bihac si è giunti a Vares, in una casa famiglie gestita da alcune suore e, con una spontaneità che forse solo i bambini hanno, da subito i ragazzi e i piccoli ospiti del centro sono entrati in sintonia cantando e giocando.

Sarajevo tra memoria e multiculturalità

La tappa successiva è stata Sarajevo, la città che ha ospitato l’attentato considerato la scintilla della prima guerra mondiale. Sarajevo porta con orgoglio le sue ferite, i segni delle bombe per terra tinti di rosso come fossero macchie di sangue o petali di rosa.
Sarajevo è un posto che ha sofferto, che ha visto la guerra e le atrocità umane ma che è anche luogo d’incontro; chiamata la Gerusalemme d’Europa ospita nello stesso quartiere una moschea, una sinagoga, una chiesa cattolica e una ortodossa.
La città unisce la cultura occidentale e quella orientale con un lato che appare come Vienna e uno simile a Istanbul. Dopo aver visto la bellezza e la multiculturalità di Sarajevo, però, ci si è recati al memoriale di Srebrenica, 8000 tombe che raccontano nel loro silenzio uno degli episodi più oscuri della storia moderna: il massacro di uomini e ragazzi bosniaci del 1995.
Davanti a quella distesa di lapidi bianche, il cui numero cresce di anno in anno man mano che nuovi corpi vengono scoperti, nessuna parola ha potuto descrivere l’orrore di cui talvolta è capace il genere umano.

Belgrado e la memoria di Tito

In Bosnia si è rimasti solo due giorni, già la sera del 26 si era giunti a Belgrado, capitale della Serbia. Qui, oltre alla situazione politico-sociale della città attualmente molto delicata per via delle proteste scatenate dal crollo di una pensilina nel novembre 2024, il focus è stato la vita di Tito, il dittatore che fu in grado di tenere unito un territorio vasto e variegato com’era la ex-Jugoslavia.

Incontro con la comunità rutena e spiritualità condivisa

Emozionante è stata la visita alla comunità greco ortodossa cattolica dei Ruteni a Ruski Krstur. Non solo gli studenti si sono cimentati nei balli tipici serbi proposti dai giovani che frequentavano l’ordine ma hanno anche preso parte alla funzione religiosa.

Ultima tappa: Budapest tra diritti e repressione

Ultima tappa è stata Budapest e, tra l’incontro con l’ordine delle suore di Maria Teresa di Calcutta, con un regista iraniano che ha documentato la vita da rifugiato e con l’unica radio indipendente del paese, il tema dei diritti umani e della repressione è stato altamente trattato e recepito dagli studenti.

Un viaggio che lascia il segno

Sicuramente questo è un viaggio che resta dentro, che scava segni nel profondo dell’animo, che crea ricordi, legami, amici…
“il viaggio insegna la tolleranza.” disse una volta Benjamin Disraeli e non è mai stato così vero.
Dopo aver visto gli orrori di Srebrenica, aver sentito le testimonianze di migranti maltrattati dalle forze dell’ordine, aver visto città ancora segnate dalle bombe, paesi repressivi, attivisti arrabbiati, studenti in lotta… dopo aver incontrato artisti assetati di vita, suore che aiutano i senza tetto e altre che accolgono piccoli orfani, dopo aver parlato con volontari che passano le giornate assieme ai rifugiati e persone che lottano e chiedono a gran voce la libertà e il rispetto per i diritti…
dopo tutto questo visitare, errare, camminare, la domanda che rimane è sempre la stessa:
che cos’è l’uomo?
È l’essere capace di uccidere freddamente centinaia di persone o è colui che si prodiga per salvare anche solo una vita?
Cos’è questo male che facciamo e questo bene che doniamo?

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