Democrazia sì, democrazia no

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È tempo di elezioni, e di nuovo spuntano ovunque manifesti sorridenti, si fanno grandi promesse, si riempie la televisione di dibattiti, confronti, litigi.

D’altronde, è sempre la stessa storia: i candidati devono essere un po’ anche venditori, riuscire a conquistare le simpatie del pubblico, vendere il proprio prodotto (se stessi, in questo caso) convincendoci di essere i migliori disponibili su piazza. Noi, gli elettori e le elettrici, giriamo tra i cartelloni e i programmi elettorali come al mercato, scegliamo quello che più si avvicina al nostro modo di pensare e sentire, qualcuno che ci somigli di più come intenzioni e principi, e speriamo che sia davvero chi dice di essere prima di mettere una X sul simbolo o sul nome.

D’altronde, la democrazia è la miglior forma di governo proprio per questo, perché permette alla gente di scegliere da sé i propri governanti. Siamo tutti d’accordo… più o meno. Sì, perché se oggi la democrazia è più o meno universalmente riconosciuta come la miglior forma di governo possibile, almeno in Occidente, non è sempre stato così.

Pensiamo per esempio all’antica Grecia. Ci hanno insegnato che la nostra democrazia è nata lì, ad Atene, anche se studiando un po’ più a fondo ci si rende subito conto che ci sono delle differenze importanti: per dirne una, tra tutti gli ateniesi potevano votare ed essere eletti solo i maschi, e tra questi solo quelli liberi (cioè non schiavi) e quelli ricchi abbastanza da non dover lavorare per altri.

Anche così, però, c’era chi non vedeva bene la democrazia: per fare un nome illustre, lo stesso Platone pensava che tra tutte le forme di governo a disposizione, la democrazia fosse di poco migliore della tirannide. Perché? Per via della folla: se i singoli individui possono essere intelligenti, ragionare, essere critici, la folla invece torna sempre a uno stato bestiale, da branco, si lascia incantare e ingannare facilmente, è disposta a seguire in massa chi promette di più e chi mente meglio. Soprattutto, chi governa può fare in modo che la folla sia ridotta a uno stato di “instupidimento” costante, così da assicurarsene il voto a ogni tornata elettorale.

La soluzione di Platone era una specie di aristocrazia, un sistema in cui “i migliori” governassero, controllandosi a vicenda perché nessuno diventasse un dittatore. Una forma decisamente paternalistica di governo, diremmo oggi, ma certamente evitava dei rischi.

Il dibattito sulla democrazia è andato avanti ben oltre Platone, e in ogni parte del mondo. Perfino Winston Churchill, l’ex Primo Ministro britannico, diceva che “la democrazia è la peggior forma di governo mai ideata… se si eccettuano tutte le altre”. In pratica, non è perfetta, si espone a vari rischi compresi quelli sottolineati da Platone più di duemila anni fa, ma accontentiamoci, perché le alternative sono peggiori.

Il fatto è che la libera scelta comporta una forte responsabilità: responsabilità di formarsi e informarsi, di costruirsi come cittadine e cittadini liberi che siano in grado di esercitare pensiero critico, leggere attraverso le promesse vuote e le bugie, ricercare dati e fonti, mantenersi costantemente aggiornati per sapere sempre di cosa si sta parlando.

Questo era un rischio che Platone non voleva assumersi: la gente è troppo pigra, troppo distratta, troppo influenzabile. Non ci resta che fare del nostro meglio per dargli torto.

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