Socializzazione in aula

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Coinvolgere i compagni in disparte

Il primo presupposto che sta alla base di queste mie riflessioni è l’importanza che il socializzare assume per qualunque individuo, di ogni età. Ne deriva che anche nel contesto scolastico la socializzazione è un elemento di indubbio rilievo. Il secondo presupposto si riferisce alla differente competenza sociale di ogni allievo rispetto agli altri, che potremmo anche tradurre dicendo che si caratterizza per una diversa attitudine caratteriale a interagire e a intessere relazioni più o meno stabili. Chi non si ricorda o non ha presente un compagno o una compagna di classe in disparte?

Spesso più che di emarginazione subita si tratta di autoemarginazione, nel senso che queste persone tendono a autoisolarsi, a mettersi in un angolo, specialmente nei momenti in cui l’ordine dell’aula viene meno, in particolare durante l’intervallo. Se da una parte è opportuno non forzare la personalità degli allievi, è importante dall’altra offrire delle opportunità, facilitando insomma l’interazione lasciando poi che le cose si sviluppino in maniera graduale e naturale.

Gli stessi compagni per esempio potrebbero coinvolgere gli “isolati” in semplici conversazioni, tanto per spronarli e per certi versi anche rassicurarli. Molto spesso del resto il problema principale di questi allievi è il primo approccio, l’inizio dell’interazione, oltre la quale altrettanto di frequente si dimostrano contenti di interagire e di essere nel gruppo, non al di fuori. Non dobbiamo infatti trascurare che l’evoluzione dell’individuo è strettamente correlata alla sua sensazione di avere un ruolo all’interno di una comunità significativa.

Naturalmente questo impegno risulta maggiore – e doveroso – da parte dei docenti i quali hanno il compito di “far parlare” tutti, anche e specialmente chi tenderebbe a non farlo. Una buona strategia consiste nel porre delle domande a più allievi e pure a quelli emarginati. Non avrebbe esiti positivi farle solo a loro, al contrario deve apparire (ed essere) una cosa normale, così che anche “loro” si sentano normali membri della comunità classe.

Questo non significa che tutti siano o diventino amici di tutti, non è possibile che si realizzi una rete interpersonale così stretta in un gruppo di venti o più persone, vi saranno sempre infatti alcuni sottogruppi nei quali la classe nel suo complesso si suddivide. Le dinamiche di gruppo, relative ai singoli gruppi e quelle relative fra gruppi, saranno oggetto di osservazione privilegiata da parte del corpo docente al fine di osservare l’evoluzione dei singoli allievi poiché la crescita scolastica e personale di tutti è strettamente correlata all’acquisizione delle competenze relazionali, a prescindere dalle tipologie personologiche dei singoli alunni. Non possiamo far altro che sottolineare e concludere che la scuola è e rimane una preziosa esperienza di crescita multidimensionale e di sperimentazione di cui approfittare.

Alessandro Fort
Psicologo formatore, scrittore e docente
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