Prosa e poesia, i testi vincitori
I due elaborati hanno vinto i primi premi, rispettivamente per il miglior testo in prosa e per la migliore composizione poetica, tra quelle partecipanti alla prima edizione del Premio Letterario “Le Parole di Ludovica” (organizzato dal Liceo A. Canova in collaborazione con il giornalino d’istituto “La Venticinquesima Ora”), le cui premiazioni sono avvenute in data 27 novembre 2021. Il tema proposto era: “Il tempo del lockdown per un giovane: i sentimenti provati, le esperienze vissute e quelle sognate, le riflessioni e le creazioni fantastiche dei lunghi giorni di quarantena”.
Serpeggiava già nel borgo
Uno scirocco foriero
Portando con sé
Odore di burrasca
Ed il sibilío del tifone
Aguzzo e laconico.
Sciami di nuvole tetre
Erravano all’orizzonte:
“Chissà che cercano”
Si chiedevano gli abitanti
Di quel borgo arroccato
Nel suo nido in montagna.
Attenti, che portan malanni”
Dicevan dei tali, saggi o ciarloni
“Su, perché mietere in Marzo?
Se ci sarà il tifone,
Non colpirà di certo noi”
Ribadivan miti degli altri.
Così tutti gli abitanti,
Dal fabbro al falegname
D’un tratto eran conoscitori
Provetti del clima stagionale
E chi domava le parole era
Cane al seguito di troppi padroni.
Si ammucchiavano idee su idee,
Come gelidi bioccoli di neve,
E mentre eli abitanti divertiti
O facevano pupazzi e cumuli
SI creava sopra le loro teste
Il principio di una valanga.
Tornarono chi ai campi,
Chi ai boschi o in bottega,
Ma il sibilo si fece borbottio,
Poi fragore, finché sfociò
In un tuono sordo e cupo
Che rimbalzò nella valle.
E allora correvano tutti
A radunare il bestiame,
A serrar le imposte di casa,
A far legna per il focolare
Ma era ormai troppo tardi
E la valanga li investì.
Folate di vento come arieti
Colpivano le imposte socchiuse,
Il torrente si arrampicava
Per le viottole e i sentieri,
Uomini come foglie rinsecchite
S’aggrappavano ai rami degli abeti.
Poi il tifone cessò la sua furia
Ma i monti impedivano alle nubi
Di spiccar il volo dalle vette:
Non volevano veder il villaggio.
Il silenzio della montagna
Tornò ad accarezzar la valle.
Esili brandelli di paese
Sporgevano da quel crinale
Lacerato da squarci di morte,
Mentre I superstiti attoniti
S’affacciavano schivi e inibiti
Dagli usci delle loro baite.
Le persone divennero reduci,
I morti divennero ricordi,
I reduci contarono i morti
I morti divennero numeri
Ed i numeri erano segni sterili,
Nebbia destinata a diradarsi.
Il borgo appollaiato nel suo nido
ritrovava la sua primavera;
Un vecchio, fuggito nel bosco,
piangeva il ricordo della moglie,
Quando vide sciami di nubi tetre
Errare all’orizzonte…
Io c’ero.
Matteo Favaro, frequentante la classe IIC durante l’A.S. 2021/2022