Finalmente, dopo un anno stracolmo di notizie negative e spesso sconvolgenti, ecco un barlume di speranza: a volte l’uomo si ricorda di dover, teoricamente, essere civile.
Nella mattina del 18 dicembre, a New York, è stata approvata la moratoria universale della pena di morte, con 104 voti su 192 Paesi dell’Onu.
Tra voti contrari (come quelli di Antigua e Barbados, Singapore e Nigeria) ed altri astenuti, si può comunque affermare con soddisfazione che la campagna – sostenuta da Italia, Francia, Messico, Nuova Zelanda, Brasile ed alcuni Paesi africani – contro quell’angosciosa tortura, abbia avuto un esito positivo.
Questa non è cosa da poco, se si pensa che solo nel XIX secolo, durante la rivoluzione industriale, la nostra vicina Inghilterra – paese europeo e presumibilmente civilizzato – era caratterizzata dal cosiddetto “Codice cruento”, cioè una legislazione penale per cui uomini, donne e bambini potevano essere impiccati per “reati” futili come furti di rape, danni ai pesci di uno stagno, o semplicemente l’essere sorpresi in un bosco armati o travestiti.
Ma ciò non basta: sino al Medioevo – ma in alcuni casi anche molto oltre – venivano puniti anche gli animali.
Nel 1437 una scrofa, madre di sei porcellini, venne condannata a morte per aver ucciso un bambino, mentre i suoi piccoli vennero assolti dalla pena per “mancanza di prove della loro complicità ”.
Cose da non credere!
Nel caso di rapporti sessuali tra uomini ed animali, invece, entrambi venivano bruciati vivi, come avvenne nel 1750 al tale Giacomo Ferron e ad un’asina, con cui aveva commesso atti di sodomia.
Giuro che non sto scherzando!
L’ultimo caso di pena rivolto ad animali è stato appena nel 1926, nella tanto mite Svizzera, e vedeva come protagonista un cane, giudicato complice di furto ed omicidio, e perciò giustiziato.
Direi che qualche bel passo avanti, per fortuna, è stato fatto.
Dopo millenni di guerre, patiboli, morti e prepotenze di ogni tipo, forse l’uomo sta risvegliando il suo senso di giustizia! Come si dice, meglio tardi che mai.
Eccezion fatta per i codici utilizzati dai gangster mafiosi che vogliono portare a termine le loro vendette personali, abbiamo superato la legge “Occhio per occhio, dente per dente”, risalente all’età del bronzo, per seguire il comandamento “Non uccidere”, di carattere religioso e cattolico, ma anche puramente etico.
Nutro in me – e non credo di essere l’unica – la speranza che le future generazioni portino avanti al meglio questa battaglia contro l’ingiustizia, valorizzando così le grandi fatiche compiute da chi li ha preceduti. E’ proprio da decisioni come quella del 18 dicembre che si può riconoscere l’uomo come superiore agli altri esseri viventi, avente cuore e cervello.
(Alcune informazioni sono state tratte dai pamphlets di Albert Camus e Arthur Koestler ne “La pena di morte” – titolo originale: “Réflexions sur la Peine Capital” – Newton Compton editori, edizione 1981, 219 pagine).
Nicoletta Z.