“Lo spirito di Elena”

0
4

Narrativa storica Tredieci

Tra i romanzi a sfondo storico di Lorenzo Taffarel, restano forse in secondo piano, perchè poco pubblicizzati, due racconti a cui l’autore tiene molto, ambientati nella civiltà Greca.

Si tratta di una rivisitazione molto semplificata, dei due poemi epici, l’Iliade e l’Odissea, ai quali i nuovi programmi che la commissione sta elaborando, assegna grande importanza.

L’autore però non ha voluto riscrivere in modo succinto queste due immense storie, ma le ha inserite all’interno di un racconto che, oltre a proporsi come contenitore delle storie stesse, apre anche uno spaccato sugli ambienti e sui luoghi in cui queste venivano inserite.

Il primo racconto, “Lo spirito di Elena” narra le vicende degli eroi greci e troiani, con relativi dèi e dèe; il secondo si intitola “La tela di Penelope” e narra le avventure di Ulisse nel suo pericoloso viaggio di ritorno dalla guerra di Troia.

Ecco una breve presentazione del primo dei due, “Lo “spirito di Elena” che ha in questo suggestivo personaggio l’elemento conduttore e una presenza misteriosa e affascinante.

Lo spirito di Elena. L’archeologo Schliemann, con la moglie Sofia, sta conducendo gli scavi che porteranno alla luce le rovine della leggendaria città di Troia.

Gli è accanto la gigantesca cuoca col figlio Mark.

Ma ecco che un nuovo personaggio viene ad animare la scena: una ragazza entra nella loro vita portandovi una ventata di novità. Un giovane coraggioso conquista il suo cuore apportandovi nuove emozioni e sentimenti.

Poteva essere diversamente in un’avventura sulla quale aleggia il mito di Elena? Tra un’avventura e l’altra il grande archeologo racconta la storia di Troia, con il rapimento di Elena, la guerra, gli atti eroici, le vicende di uomini e dèi. Lo spirito di Elena (impersonata dalla bellissima Sofia) sembra ispirare quel gruppo di personaggi stupendi; sarà stata lei a far scoppiare l’amore tra i due ragazzi?

Sarà sempre lei a proteggerli da un destino che vorrebbe separarli?

Schliemann. Seduto su uno spiazzo erboso in cima alla collina di Hissarlik, Heinrich Schliemann lasciava vagare il suo sguardo lungo i fianchi cespugliosi del colle, per poi abbracciare la pianura che si stendeva alla sua base per sciogliersi nell’azzurro del mare.

Immobile come una statua, la sua fantasia però correva più veloce del fulmine. Ed ecco che, quasi per magia, il paesaggio cambiò: lungo il mare migliaia di navi riempirono l’orizzonte. Schiere di soldati armati di tutto punto balzarono dalle navi e si diressero verso di lui. Sotto i suoi piedi stava una città con mura alte e insuperabili e, dalle porte spalancate, un fiume di guerrieri si precipitava a contrastare coloro che erano giunti dal mare.

Un sorriso attraversò il viso di Heinrich inarcando in modo buffo i folti baffetti che sormontavano la bocca.

“Sì”, disse tra sè “la collina su cui sto seduto, è formata dai resti di quella poderosa città, Troia, che fu incendiata e distrutta dagli invasori greci.

Il tempo ha accumulato terriccio, vi sono cresciuti alberi e cespugli, ma scavando qui sotto io sono sicuro che troverò i resti di quella grande città ed i meravigliosi tesori che essa conteneva”.

Ed è così che prende il via una delle più grandi scoperte archeologiche di tutti i tempi: quella dei resti di Troia.

La mela della discordia. La storia inizia nell’Isola di Ftia, patria del grande eroe Peleo. Questo uomo coraggiosissimo sposò nientemeno che Tetide, una divinità dei boschi, una ninfa. Al banchetto vennero invitati tutti gli Dèi (anzi QUASI tutti).

I festeggiamenti erano al culmine, quando una specie di nube nera squarciò la luce e in mezzo ad essa apparve Eris, Dèa della discordia, col volto più scuro che mai: «Come mai non sono stata invitata?» ruggì. «Ma mia cara Eris» disse Zeus che non voleva rovinare la festa «forse il nostro Ermes, il messaggero degli dèi, si è dimenticato di avvertirti!». «No!» gridò lei «Sono state quelle tre a non volermi!» Così dicendo indicò le tre bellissime e potenti Dèe che stavano in gruppo a chiacchierare: erano Era, la moglie di Zeus, Atena prediletta figlia di Zeus, Afrodite, bellissima Dèa dell’amore.

Eris piombò su di loro e lasciò cadere sul tavolo una grossa mela dorata sulla quale era incisa la frase “Alla più bella”. Poi se ne andò proprio come un’onda del mare che prima invade la spiaggia e poi si ritira depositando i detriti.

«È mia» esclamò Atena raccogliendo rapida la mela. «Eh no, questa mela è mia!» ribattè Era strappandogliela di mano». «Care le mie divine, tutti sanno che questa mela non può essere che mia» cinguettò Afrodite.

Zeus, proruppe in un’esclamazione di fastidio: «Ecco, rovinata la festa!» Ma poi ebbe un’idea e cominciò: «Mie tre divine e bellissime donne, facciamo scegliere ad un mortale! La sua decisione sarà anche la nostra».

«Ma chi?» chiese Era che temeva sempre che Zeus escogitasse qualche trucco contro di lei.

«C’è un giovane, si chiama Paride, ed è un ragazzo bellissimo anche se un po’ selvatico. È il figlio di Priamo, il re di Troia…

E fu così che cominciarono per Paride i più terribili guai che avesse mai potuto immaginare…

Previous article“Play for a better tomorrow”
Next articleQuando fare la pace diventa un disegno

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here