Il ciuccio

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Baby's nipple on a blurred white background in a baby bed, macro shot, copy space.

L’abitudine di succhiare oggetti anche senza lo scopo di nutrirsi tende a esaurirsi spontaneamente verso i 3 anni, età entro cui è raccomandato togliere il ciuccio. Ma cosa fare se il bambino continua a reclamarlo? Come riuscire a toglierlo senza traumi?

Se succhiare è un bisogno naturale per i bambini, fornire il ciuccio è piuttosto una risposta culturale. Il seno materno, infatti, è in grado di soddisfare di per sé ogni bisogno di suzione (nutritiva e non), ma varie esigenze personali e familiari, unite ai ritmi talvolta frenetici della società in cui viviamo, spingono molti genitori a scegliere il ciuccio; una buona alternativa, quando però non diventa l’unica.

Se infatti si ricorre in modo automatico a questo strumento per placare ad esempio il pianto del bambino, c’è il rischio che il piccolo e i genitori subiscano il tutto in modo troppo passivo: il primo perché vedrà nel ciuccio un oggetto in grado di dargli una consolazione immediata, i secondi perché saranno dissuasi dal cercare le vere ragioni del disagio che loro figlio manifesta. Viceversa, se i genitori riescono a tollerare la frustrazione del bambino e a rispecchiare le sue emozioni utilizzando lo sguardo, la mimica facciale, il contatto e, magari più avanti, il linguaggio, forniranno al piccolo un supporto per allenarsi in quella che sarà una competenza emotiva fondamentale da conquistare, cioè imparare a regolare le proprie emozioni, senza che ciò venga sostituito o depotenziato da un uso moderato del ciuccio.

Togliere il ciuccio senza “traumi”. Togliere il ciuccio con gradualità significa seguire il ritmo del bambino evitando “strappi” improvvisi nella sua quotidianità. Far sparire il ciuccio da un giorno all’altro seguendo il proprio impulso, oppure adottare delle strategie per renderlo meno appetibile o raccontare che «una fatina l’ha portato via di notte», non sono buone soluzioni. Questi metodi bruschi, infatti, rischiano di manipolare il “pensiero magico” del bambino (che impedisce al piccolo di distinguere la realtà dall’immaginazione), rischiando di trasmettergli l’idea che il mondo è un luogo estremamente imprevedibile. Da ciò derivano vissuti di insicurezza, rabbia, impotenza e paura che possono esprimersi in disturbi del sonno e cambiamenti nelle condotte di evacuazione o nelle abitudini alimentari.

Più funzionale, invece, è osservare il bambino quando esprime le proprie emozioni rispetto alla separazione dal ciuccio, prendere sul serio le sue reazioni e anche la sua possibile frustrazione, senza minimizzare ciò che esprime o prenderlo in giro (attenzione dunque a frasi come: «Ormai sei grande, che bisogno c’è del ciuccio?!»), ed evitare di distrarlo con premi di consolazione. È consigliabile anche far notare con naturalezza, approfittando delle occasioni concrete e quotidiane che si presentano, che ci sono dei i lati positivi nell’avere la “bocca libera”: apprezzare ad esempio quando il bambino si esprime con un linguaggio accurato facendogli notare che comprendiamo bene e facilmente ciò che ci vuole comunicare. 

È importante che la decisione di lasciare il ciuccio, benché guidata dal genitore, venga presa dal bambino in modo attivo. In questo senso è possibile concordare insieme un luogo in cui riporre l’oggetto durante il giorno: prima un posto a lui accessibile (cassetto, armadietto…), poi via via uno meno alla sua portata. Il messaggio è che il ciuccio non è una cosa proibita, ma neanche sempre a disposizione, è qualcosa che può aiutarci ogni tanto, quando abbiamo bisogno di consolarci, ma non sempre: possiamo infatti trovare conforto, calma e consolazione anche attraverso alcune attività piacevoli, come ad esempio fare un bel respiro, fare le coccole con mamma e papà, leggere un libro, cantare o ascoltare una canzone, eccetera.

Come per gli adulti, anche per i bambini può essere difficile adattarsi ai cambiamenti, pertanto è bene non iniziare a togliere il ciuccio in concomitanza con altre transizioni, come ad esempio l’ingresso al nido o alla scuola dell’infanzia, la nascita di un fratellino/sorellina, il passaggio dal pannolino al vasino, un trasloco ed altro ancora.

Margherita Aluigi
Titolare ed Educatrice “Asilo Nido in Famiglia Ciribiricoccole”

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