Nella generazione Alpha
La generazione Alpha, nativi digitali dal 2012 in poi, ha subìto purtroppo l’arresto improvviso della scolarizzazione a causa del lungo lock down. Le fondamenta dell’apprendimento linguistico e scientifico, ma anche della relazione sociale, sono rimaste incomplete, nonostante gli sforzi di genitori e maestri che cercavano di far completare schede didattiche e di introdurre nuovi contenuti. Queste attività domestiche risuonavano vuote di “senso” alle orecchie dei bimbi di prima elementare, perché tolte dal contesto interattivo e ludico nel quale sarebbero dovute realizzarsi, impregnate di quelle emozioni necessarie per fissare le nuove nozioni nella memoria a lungo termine. Le neuroscienze ci confermano che se l’apprendimento è associato ad emozioni positive, i contenuti presentati saranno ricordati di più.
La scuola primaria restò chiusa proprio quando si dovevano imparare le tabelline, le regole grammaticali di base e molto più banalmente si sarebbe dovuto passare dallo stampato maiuscolo al corsivo con modalità graduali e accattivanti, insieme a docenti e compagni… dai quali si doveva ricevere la lode, la stima, l’incoraggiamento così come il richiamo dell’attenzione al momento giusto. Oggi quei bambini sono cresciuti, ma in classe quarta preferiscono ancora, d’istinto, scrivere in stampato maiuscolo per esprimere il loro vissuto oppure per eseguire un esercizio sul libro. Comprensibile: la loro emotività è legata a doppio giro a quel lungo periodo di compiti eseguiti con i loro genitori, i nonni, ogni tanto salutavano a distanza maestre e compagni tramite la DAD, ma in quei momenti si sentiva la fatica e la noia di seguire le spiegazioni. Senza contare che a 6/7 anni la mente è ancora legata all’esperienza e alla concretezza, non era di certo una condizione ideale apprendere concetti astratti e digitali attraverso lo schermo di un pc. Oggi la loro mente è paragonabile ad un puzzle incompleto: mancano pezzi qui e là …. Mentre, per fortuna, gli studenti più grandi (la generazione Zeta), hanno compensato più facilmente le lacune nel corso degli anni successivi, avendo più opportunità cognitive, soprattutto avendo già costruito le fondamenta dell’istruzione iniziale.
Le difficoltà maggiori sono rilevabili nella scrittura e nella logica. Spesso dipendono da una mancanza di allenamento dell’attenzione: la soglia è inferiore ai 20-25 minuti “standard”, dopo tale tempo inevitabilmente cala e andrebbe riattivata attraverso una pausa, cambiando argomento/attività pochi minuti, come viene consigliato anche nei corsi educativi per l’età adulta.
Per alzare i livelli di attenzione, a monte, è necessario stimolare l’interesse e la motivazione dei bambini. I contenuti dovranno essere non soltanto presentati verbalmente, ma anche a livello iconico/visivo e ludico/cinestesico (legato al movimento) perché gli stili di apprendimento sono diversi per ciascun alunno. Inclusione significa in primo luogo dare l’opportunità di imparare secondo le proprie caratteristiche, non secondo la preferenza del docente. Se un bambino ad esempio non riesce a stare fermo un minuto (per ADHD) facciamolo muovere a scopo didattico, diamo un incarico di distribuzione materiali, invece di farlo sentire “sbagliato” agli occhi della classe, attraverso i ripetuti richiami “Possibile che non riesci mai a finire di copiare …. Sei sempre in piedi!” In quei momenti scattano le emozioni negative e di rifiuto dell’attività, in quanto vissuta come frustrante.
Inoltre l’utilizzo di rinforzi positivi è essenziale. Non necessariamente i voti, ma piccoli premi legati ai loro interessi: non è efficace regalare qualcosa che non si desiderava ricevere. L’economia a gettoni resta una modalità molto efficace.
A livello visivo: basta un cartellone in aula, con una tabella a doppia entrata con i nomi dei bambini e i giorni della settimana. Ogni giorno si collezionano smile/emoji sorridenti quando il comportamento del bambino è positivo, adeguato all’attività, quando si esegue in modo corretto un compito assegnato, si risponde in modo pertinente, si trova la soluzione ad un problema ecc… Attenzione però! Non si visualizzano i comportamenti negativi. Skinner ci insegna che vanno ignorati, altrimenti potrebbero venire ripetuti perché rappresentano inconsciamente un modo per attirare l’attenzione del docente… Tuttavia quella emoji “triste” associata al proprio nome sul cartellone, si sedimenta nella mente del bambino fino a ritenere impossibile il riscatto di quella “etichetta” sociale. Quando l’immagine negativa di sè si fissa nell’infanzia, si pensa di non poterla più modificare. Alla fine della settimana si darà un premio a chi lo merita. I bambini hanno il senso morale di giustizia/ingiustizia, nessuno potrà ribellarsi ai dati di fatto visualizzati, il bello è che TUTTI possono migliorare ed ottenere la stima altrui, che diventerà autostima. Il pensiero del bambino sarà legato ad un’emozione positiva:
“Guarda: Sono stato bravo ieri… oggi… spero di riuscirci anche domani… Allora io sono capace… sono OK. Mi piace venire a scuola, anche se devo fare un po’ di fatica”.
Questo salto di qualità relativo alla motivazione scolastica e all’apprendimento è legato all’idea positiva che il docente e i compagni hanno del soggetto, il quale si identificherà con questa immagine. Ma può verificarsi anche con esito negativo, quando non ci si sente stimati.
In psicologia tale processo viene definito “Effetto Pigmalione” o profezia che si autorealizza. E’ necessario riporre la massima stima nell’allievo affinché egli si senta in grado di essere ciò che ci si aspetta da lui. In altre parole se pensiamo che nostro figlio o alunno sia fragile o incapace, ebbene lui si sentirà esattamente così.
Nei bambini l’interesse fondamentale rimane il gioco di squadra (non tanto il giocattolo). A tale proposito si potrebbero organizzare modalità ludiche di apprendimento per coinvolgerli emotivamente. La scelta del gioco in aula oppure in palestra potrebbe essere affidata proprio ai “bambini OK” della settimana. Un esempio.
Due squadre posizionate in fila davanti alla lavagna, l’insegnante (oppure l’alunno premiato) sussurra una domanda all’orecchio del primo giocatore di ogni fila e questo inizia a riportarla al compagno dietro di lui, come nel telefono senza fili. L’ultimo dovrà scrivere la risposta alla lavagna. Vince la squadra che indovina più risposte nel tempo più breve e senza urlare (altrimenti viene annullata). Le difficoltà dell’attività sono: riportare a voce le domande corrette, conoscere le risposte, saperle scrivere in corsivo senza errori grammaticali, mantenere un comportamento onesto. Il rispetto delle regole è fondamentale in tutti i giochi di squadra. Anche queste sono forme di educazione civica, legate al concetto di responsabilità delle proprie azioni. Se qualcuno si comporta male farà perdere tutta la sua squadra.
Per sapere la risposta, ovviamente, bisogna prima studiare i contenuti delle varie discipline. L’impegno in classe e domestico acquista un’altra sfumatura, viene percepito utile. Qui e ora.
La scuola non sarà più sinonimo di noia e frustrazione.
Questo è solo un piccolo esempio di come legare l’istruzione primaria ad emozioni positive.
Nel prossimo numero saranno disponibili ulteriori spunti (come aumentare il vocabolario).
Prof.ssa Silvestri Isabella
Docente di Psicologia e Tecniche di comunicazione