Virtualmente social o realmente soli?
I bambini di oggi sono definiti “nativi digitali” poiché nati in un mondo pervaso dalla comunicazione, dove le informazioni sono vitali ma anche virali, nel quale essere “social” è sempre più un obbligo che una scelta.
Sin dalla nascita essi si trovano catapultati in un mondo virtuale fatto di whatsapp, facebook, instagram, google, skype e via dicendo. Una società parallela, sempre attiva perché sempre connessa (always-on), senza confini ma anche senza barriere e senza protezioni. Ambienti virtuali progettati da adulti per adulti, dove un ragazzo – o peggio un bambino – si muove con estrema facilità tecnica ma senza la necessaria prudenza e competenza che deriva dal bagaglio d’esperienze che ognuno di noi ha acquisito crescendo.
In questa realtà alternativa non ci sono: “toni” ma “faccine” (emoticons/emoji), non ci sono profumi e odori, non c’è “contatto” ma “video” (broadcasting/streaming), non ci sono emozioni ma “status”, non c’è discussione ma “like/unlike”, non ci sono amici ma “followers”, non c’è gruppo ma “tags”. Ogni contatto è superficiale ed effimero, ogni interazione è senza impegno: “non condivido le tue idee” ti metto in blacklist, “non voglio più interagire con te” escludo il tuo account, “mi sono stancato” faccio logoff. E’ facile nascondersi, cambiare identità, diventare qualcun altro, fingere di essere quello che non si è.
Non è tutto negativo intendiamoci, anzi è affascinante chattare con gli amici prima di andare a letto, utile confrontarsi sui compiti da fare per il giorno dopo, piacevole condividere i video del cantante preferito o dell’attore in voga. E’ vantaggioso fare ricerche velocemente utilizzando gli strumenti della rete (wikipedia), proficuo fare i compiti con l’aiuto del prof con le piattaforme online (e-learning), interessante essere informati istantaneamente di quello che succede nel mondo reale. Intimo sentirsi “a casa” anche quando si è distanti condividendo con amici e parenti particolari momenti vissuti o sensazioni provate.
E’ un mondo virtuale che però sembra sempre più diventare “reale” per qualcuno, talvolta andando a sostituire quelle opportunità di confronto e crescita che si ricavano da un’interazione fra coetanei, da un confronto con altre persone anche di età ed esperienze diverse, creando sempre più “nativi digitali” con +2000 followers ma senza neanche un amico o un’amica.
Ed è proprio su quest’aspetto che l’importanza dell’educazione, intesa come formazione e in-formazione, diviene vitale. Si deve imparare a insegnare che questo è uno “strumento”, esso è un mezzo e non un fine. I genitori per primi ma anche la scuola, le istituzioni e tutti gli educatori che entrano in contatto con i nostri figli, devono essere in grado di sviluppare una vigilanza “attiva” basata sulle capacità di autodifesa dei bambini/ragazzi potenziando la loro “consapevolezza” ma soprattutto coinvolgendoli in quelle opportunità di confronto e di interazione con i coetanei che si realizzano nelle associazioni sportive, nelle parrocchie, nelle aree di svago e di divertimento e in tutte quegli spazi preposti alla relazione “reale”. Così essi saranno in grado di distinguere chiaramente i due mondi e sfruttare i vantaggi di entrambi non confondendo mai quello che è vero da quello che è “virtuale”.
Stefano Vicedomini
Responsabile attività e formazione
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