
Quest’anno abbiamo affrontato in una lezione di diritto l’argomento della privacy. Molte volte diamo per scontato che si possa navigare in internet in assoluta sicurezza non immaginando che la realtà è un’altra. Cosa si cela dietro un click? Dietro a un link non sicuro? Spesso non ci rendiamo conto che il mondo digitale è molto più complesso di quanto sembri ed implica dei rischi. Ogni gesto, per quanto piccolo, può portare a conseguenze inaspettate.
I social network ed internet sono entrati nella nostra vita in modo preponderante, di pari passo con la rapida evoluzione degli strumenti che ci consentono la connessione in rete in mobilità. Questo ha aperto un tema molto delicato che è quello della privacy. Il diritto alla privacy è un diritto fondamentale per proteggerci da intrusioni o interferenze rispetto ai nostri dati personali che mettono a rischio la nostra sicurezza. Nonostante la costante esposizione ai rischi per un utilizzo improprio di un social network, noi giovani possiamo fare la differenza avendo una maggiore consapevolezza dei nostri diritti. Una generazione, la nostra, spesso lasciata sola a sperimentare, ad imparare la “grammatica” a volte cinica e crudele del digitale.
Allora, da dove si comincia? Si inizia col dire che la riservatezza è un diritto costituzionalmente garantito perché rientra nell’ambito dei diritti inviolabili dell’uomo, riconosciuto dall’art. 2 della Costituzione.
In Italia la maggior parte delle denunce di persone iscritte in qualche social e che poi vedono condivisi i propri contenuti o foto su altre piattaforme vengono fatte dalle donne. I social possono diventare trappole molto insidiose: sono strumenti che danno l’impressione di creare uno spazio personale o una piccola comunità con cui restare in contatto e per questo siamo spinti a rivelare informazioni personali, anche molto intime. Siamo sicuri che, quando inseriamo dei dati personali, video e foto ne possiamo poi mantenere il controllo? Allora leggiamo bene le condizioni e le garanzie di privacy offerte, impariamo bene a distinguere chi aggiungiamo alla rete di amici, disattiviamo la funzione di geolocalizzazione presente su molte app, usiamo sempre una connessione sicura, evitando wifi pubblico non sicuro e ricordiamoci che non esistono messaggi che si autodistruggono con assoluta certezza. Così come si cerca di difendere la persona fisica dai pericoli esterni, allo stesso modo bisogna prestare attenzione e dare importanza a dove si acconsente che vada a finire il proprio “io digitale”. E chi è il primo a dover proteggere i propri dati personali? Certo le leggi, il garante ma principalmente l’utente, cioè noi che navighiamo in rete.
Ai giovani manca una guida, una formazione seria su questi temi, un’educazione legale ma anche psicologica ed etica. Forse la prossima evoluzione non sarà un ritorno nostalgico all’analogico ma lo sviluppo di una consapevolezza digitale più chiara. Impariamo quindi a gestire la nostra riservatezza e spero che questa mia riflessione possa essere stata d’aiuto.
Lasciatemi aggiungere solo un’ultima cosa: proteggiamo ciò che conta!
Martina Monterosso classe 3^A





















