In equilibrio sulla vita / Storie di anoressia

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Sconfiggere l’anoressia: un percorso di alti e bassi… e poi la luce!

Il percorso per uscire dall’anoressia è tutt’altro che lineare: ci sono alti e bassi, grandi passi in avanti e brusche retromarce. Trovare un equilibrio non è semplice, ci vuole pazienza, bisogna crederci; bisogna credere in se stessi e nelle persone che ci seguono, non bisogna lasciarsi scoraggiare dai momenti “no”, da quei momenti in cui tutto sembra andare male, di nuovo. Fondamentale è senza dubbio affidarsi, in questo cammino verso la guarigione, a persone e strutture competenti: uscire dall’anoressia da soli è estremamente difficile. Io, al mio fianco, ho avuto le persone del centro Aba, ed il loro aiuto è stato tightrope-walker-1314832importantissimo.

Nel processo di guarigione, i “bassi” sono previsti… A volte sembra di stare su un’altalena: prima sei in alto, stai bene, l’attimo dopo sei giù, e stai male ancora. Poi arriva un momento in cui dall’altalena scendi, con le tue gambe; scendi perché LO VUOI TU. Metti i piedi per terra: gli alti e i bassi non ci sono più, hai trovato una tua stabilità , un tuo equilibrio… Sei guarito.

Riporto, a seguire, le riflessioni che feci un giorno d’agosto dell’estate appena passata, a testimonianza del fatto che la difficoltà  nel trovare un equilibrio è normale, e non deve affatto spaventare: l’importante, nei momenti di sconforto, è stringere i denti e continuare a desiderare di vedere la luce, dopo tanto tempo di buio. E, credetemi, la luce arriverà.

“Com’è strano tutto quello che mi è capitato: la vita è davvero imprevedibile! Mai avrei pensato di passare tutto questo, mai avrei pensato di ammalarmi, e mai avrei pensato di essere così determinata, così forte, e di esserlo per me, non per gli altri. Durante quest’anno, ho lottato per me stessa, per la mia vita, e per l’importanza che quest’ultima ha.

Se mi sento completamente libera dalle catene dell’anoressia? No, non del tutto… non ancora. Credo ci vorrà  ancora del tempo per uscirne totalmente. Ora, ogni tanto, ho ancora paura di ricadere nelle sue grinfie, di sprofondare nelle sabbie mobili della malattia; ma ho piena fiducia nel futuro.

In questo mese ho avuto parecchie ansie, sono stata particolarmente stressata. Non ho mai saltato un pasto. Sarei bugiarda se non dicessi che qualche volta ci ho pensato: ero così abituata a farlo, a non mangiare in questi momenti di sconforto, se così si possono chiamare, che l’idea mi balza in testa quasi automaticamente. Ma la mia mente non è più indipendente dal mio corpo: lavorano insieme, si aiutano a vicenda… Ora la mente sa che, se ordina l’astensione dal cibo, sul corpo ci saranno conseguenze pessime; sa che con l’andare del tempo la situazione peggiorerà , che pian piano non solo il corpo si consumerà , ma anche lei, anche la mente; sì, perché quando nel corpo non c’è più niente da deteriorare, la distruzione -che, avida di successo com’è, non si accontenta mai- inizierà  ad attaccare anche la testa, il cervello e le sue capacità . Quando la distruzione arriva a livello mentale, l’annientamento della persona è tanto prossimo quanto scontato.

Ho iniziato a trovare un equilibrio. Per quanto precario, esiste, c’è. Purtroppo è ancora molto debole: destabilizzarmi è ancora molto semplice.

Mi sembra di essere un equilibrista, in piedi sopra ad un sottilissimo filo trasparente, le cui estremità  sono attaccate alle vette di due montagne altissime. Basta un soffio di vento, leggero, ed il filo oscilla, e con lui anche l’equilibrista; quest’ultimo però, non è abbandonato all’arbitrio della natura: è legato, ha un’imbragatura abbastanza sicura che non lo farà  precipitare nel vuoto sottostante. Quell’imbragatura, per me, sono le sicurezze che pian piano sto accumulando, le sicurezze su me stessa, sulla mia persona, sulla mia vita. Il vuoto sotto il filo, nella mia esistenza, è il vuoto nel quale sono stata risucchiata l’anno scorso, il vuoto che ha invaso il mio corpo. La montagna cui dò le spalle è l’anoressia, pilastro portante durante tutto l’anno passato, roccia cui mi sono affidata e dalla quale, adesso, sto scappando: la montagna dell’anoressia, si sa, può franare da un momento all’altro; standoci sopra, io franerei con lei. La montagna davanti a me, invece, rappresenta la vita vera, e la vera stabilità; è una montagna che non frana, è solida. Devo raggiungere la montagna della vita, manca poco; ogni tanto sbando per via del vento; a volte sono vere e proprie raffiche. Più sicurezze, più certezze raccolgo, più divento stabile e la possibilità di caduta diventa remota.

Arriverò a destinazione, basta ancora qualche sforzo, basta stringere i denti ancora un po’.”

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